Il mio incontro con l’Analisi Bioenergetica di Alexander Lowen

Antonio Lo Iacono e Alexander Lowen
in un Congresso Internazionale in Mexico nel 1984

Ho incontrato per la prima volta Alexander Lowen all’Università Cattolica verso la fine degli anni ‘70 forse 1977, dove il mio caro amico Leonardo Ancona (Direttore dell’Istituto di Psichiatria Psicoanalista e Gruppoanalista di fama, uno dei più importanti eredi di Agostino Gemelli), aveva invitato il grande Psicoterapeuta Americano. Dopo un po’ che ascoltavo le sue parole cominciai a sentirmi male, al punto di dover precipitarmi in un wc per vomitare.

Qualcosa mi aveva sconvolto e questo qualcosa non era un cibo guasto, o la mancanza di ossigeno, ma la semplicità della comunicazione di Lowen contro la mia complessità analitica (avevo avuto una formazione Junghiana) e quindi, secondo me, ho rifiutato la concretezza è l’importanza del corpo che veniva proposto. In particolare mi ha colpito quando egli ha parlato del suo primo incontro con Reich raccontando come con un semplice esercizio gli ha fatto riaffiorare una memoria antica di quando Lowen aveva meno di un anno.

Anche se già frequentavo una scuola di Analisi Bioenergetica questa potenza racchiusa nella corazza corporea mi sorprese e inconsciamente la rifiutai. Anche gli esercizi che propose in quell’incontro, molto semplici dato il contesto, del contatto con le mani in un certo modo e il respiro adeguato per caricarsi di energia, mi sembro scontato e semplicistico per una dimostrazione “scientifica”. Ma non passò molto tempo (forse un anno o poco più) che ho avuto bisogno di approfondire la conoscenza diretta di questo personaggio che mi aveva particolarmente colpito per la sua semplicità e la sua vitalità.

Così dopo averlo di nuovo incontrato in Italia a Taormina, durante un congresso internazionale, continuai a seguirlo nei vari congressi che l’International Institute of Bioenergetic Analysis organizzava negli USA e in vari altri paesi. In un Congresso Internazionale nei pressi di New York ho presentato il mio “Drammautogeno” che suscito molto interesse negli colleghi americani,  poi dopo qualche tempo, in Mexico,  ho condotto un workshop intitolato “Bioenergetic on the head” lo stesso Lowen, incuriosito dal titolo e dall’affollamento della sala, si è affacciato per qualche minuto, con uno sguardo sorridente e compiaciuto per il clima che si era creato in quel contesto.

Prima ancora avevo avuto il primo incontro di Psicoterapia con lui direttamente nella sua casa a New Canaan (Connecticut), qui mi è venuto a prendere personalmente alla stazione (venivo da New York) per poi farmi attendere in una particolare sala d’attesa, il suo grande giardino, con un laghetto artificiale popolato da tanti animali e innumerevoli piante e fiori. Quindi finalmente mi riceve nel suo studio e dopo poche parole e qualche esercizio di grounding, aggredisce subito i miei masseteri per sbloccarmi la mandibola e quindi liberare, secondo lui, la mia oralità repressa. La frase che tra l’altro mi disse e mi rimase impressa fu che talvolta vale la pena di arrendersi, lo stesso messaggio che avevo sentito da Osho quando l’ho incontrato nel 1979  in India nell’ashram di Poona.

Nonostante avessi già lavorato con l’Analisi Bioenergetica con la mia analista Ellen Green, quindi seguito i seminari intensivi con Bill White, Renato Monaco, Jim Miller ed Eleanor Greenlee, gli incontri con Lowen mi procuravano sempre sentimenti contrastanti: da una parte ero ammirato dalla sua concretezza che mi portava a seguirlo per comprendere meglio il suo modello e la sua strategia, da un’altra parte cercavo uno spiraglio di confronto con gli altri modelli che subito lui evitava dicendomi che non conosceva bene quello che facevano gli altri psicoterapeuti corporei ma questo è il modello dell’Analisi Bioenergetica.

Un’altra perplessità era sul suo modo di dimostrare in gruppo le risposte emotive e psicocorporee attraverso degli esercizi, che mi apparivano all’inizio poco rispettose della privacy ma molto dirette è istruttive per comprendere i flussi energetici e lavorare sulle corazze muscolari e caratteriali. La cosa bella che mi rimane di questo grande maestro e che anche se è scomparso ormai da molti anni basta rileggere qualche suo libro per sentirlo di nuovo presente, ottimista, vicino e lontano nel contempo, la giusta distanza che ti rispetta e si fa rispettare….

Nei suoi primi libri, partendo da Freud, da Fenichel, Abraham e quindi dal suo ispiratore terapeuta e maestro Wilhelm Reich e le loro considerazioni sul carattere, Lowen riesce infatti a delineare un percorso di indagine clinica per costruire un metodo per poter leggere il carattere attraverso il corpo, la comunicazione verbale e non verbale, cercando di analizzare come la persona ha reagito nell’affrontare alcune emozioni fondamentali e come queste hanno contribuito a costruire la corazza muscolare insieme all’espressione della personalità.

Alexander Lowen afferma che la bioenergetica è un modo di comprendere la personalità in termini dei suoi processi energetici. Questi processi, cioè la produzione di energia attraverso la respirazione e il metabolismo e la scarica di energia nel movimento, sono le funzioni basilari della vita. Lowen afferma che la quantità di energia di cui si dispone e l’uso che se ne fa determinano il modo in cui si risponde alle situazioni della vita. Ovviamente, le si affronta con più efficacia se si dispone di più energia da tradurre liberamente nel movimento e nell’espressione.

La bioenergetica è anche una forma di terapia che associa il lavoro sul corpo con quello sulla mente per aiutare le persone a risolvere i propri problemi emotivi e realizzare in misura più ampia il proprio potenziale di provare piacere e gioia di vivere. Una tesi fondamentale della bioenergetica è che il corpo e la mente funzionalmente sono identici: cioè, quello che succede nella mente riflette quello che succede nel corpo e viceversa. In Bioenergenics (1975) dice: “La gente viene in terapia lamentandosi di varie cose: depressione, ansia, senso di inadeguatezza, senso di fallimento, ecc. Ma dietro a ciascuno di questi problemi c’è la mancanza di gioia e di soddisfazione nel vivere.

Oggi è di moda parlare di autorealizzazione e di potenziale umano: ma sono termini privi di senso a meno che ci si chieda: potenziale di fare cosa? Chi vuole vivere in modo più pieno e ricco, può farlo solo se apre il proprio cuore alla vita e all’amore. Senza amore – per sè stessi, per il prossimo, per la natura e per l’universo, l’individuo è freddo, staccato e inumano. (…) L’obiettivo di ogni terapia è di aiutare una persona ad accrescere la propria capacità di dare e ricevere amore – di espandere il suo cuore, e non solo la sua mente”.

In seguito riguardo la liberazione del piacere e la capacità di lasciarsi andare dice: “Dal punto di vista bioenergetico un principio è un flusso di eccitazione o di energia che unisce testa, cuore, genitali e piedi in un movimento ininterrotto. C’è un senso di giustezza in ciò, perché la persona si sente connessa, unificata e intera. Non ha bisogno di nessuno per affermarne la validità, il principio non è soggetto a discussione. Ma è una convinzione personale ed egli non la impone a nessuno”. Per Lowen anche la depressione non è altro che la incapacità di rispondere al mondo e succede perché molte persone perseguono degli scopi irreali che non hanno alcuna relazione diretta con i loro bisogni fondamentali.

Il bisogno di esprimere sè stessi è alla base di tutte le attività creative e quindi può essere una importante fonte di piacere. Nell’individuo depresso l’espressione di sé è gravemente limitata e in certi casi interamente bloccata tenendo presente che in Analisi Bioenergetica, il sé è fondamentalmente un fenomeno corporeo, e l’espressione di sé significa espressione dei sentimenti e delle emozioni……. è quasi impossibile a una persona depressa emergere dalla sua depressione con l’ausilio di pensieri ottimisti. Questo perché il suo livello di energia è depresso. Quando il livello energetico aumenta tramite la respirazione profonda (anche la respirazione era depressa come tutte le altre funzioni vitali) e la liberazione del sentire, allora la persona esce dal suo stato depressivo…………

Nel suo libro Pleasure – a creative approach to life del 1970  (su cui, a suo tempo, mi ha apposto una bella dedica e un suo autografo, ma che purtroppo è andato perduto, o qualche allievo ha dimenticato di restituirmelo) egli afferma: “Il piacere dipende in gran parte dal nostro stato d’animo…… Per avere piacere si deve lasciar andare cioè lasciare che il corpo reagisca liberamente. Una persona inibita non riesce facilmente a fare esperienza del piacere perché le inibizioni inconsce fanno diminuire il flusso di sentimento nel suo corpo e bloccano la sua naturale mobilità corporea……… Il piacere tra l’altro fornisce la motivazione e l’energia per un approccio creativo alla vita. Ogni atto creativo inizia con una piacevole eccitazione, attraversa una fase di travaglio interiore e culmina nella gioia dell’espressione. L’eccitazione iniziale è dovuta a un’ispirazione”. Come dice il titolo del libro, il piacere fornisce la motivazione e l’energia per un approccio creativo alla vita.

Un concetto che più volte ribadisce è il bisogno fondamentale di tutti gli essere umani: la libertà. Senza libertà non è possibile l’espressione di sé. Vi sono tuttavia delle prigioni interiori, oltre a quelle esteriori. Queste sbarre interiori all’espressione di sé sono talvolta più potenti delle leggi o delle restrizioni che limitano la capacità di autoespressione della persona. Il pensiero appena espresso ci convince sempre più della centralità di questo personaggio non solo nella Psicologia Umanistica al pari di Maslow, Rogers, Perls, (oltre che degli umanisti esistenziali che ho avuto anche il piacere di conoscere personalmente come Ronald Laing  e Rollo May), ma anche come provocatore di nuove ricerche nell’ambito degli studi sul carattere, sulle emozioni e i sentimenti che accompagnano i processi psicofisiologici delle persone.

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