Freud, dal 1894, ha più volte elaborato la teoria psicoanalitica dell’ansia.
Inizialmente riteneva l’ansia come un prodotto di trasformazione dell’energia libidica insoddisfatta a causa di impedimenti esteriori. Successivamente introdusse il concetto di “ansia nevrotica” generata dalla rimozione delle pulsioni libidiche dell’Es che premono sull’Io: in questa seconda concezione l’ansia si sviluppa nell’Io invece che essere subita passivamente da questo. In seguito Freud giunge al concetto di ansia segnale, generata dal conflitto tra Es e Super io; in questa ultima teorizzazione non è più la rimozione a generare l’ansia, ma è l’ansia che genera la rimozione intesa come meccanismo di difesa primario atto a proteggere l’Io dal sentimento spiacevole dell’ansia. Se la rimozione non è sufficiente ad arginare i conflitti, vengono posti in atto meccanismi supplementari che portano alla formazione dei sintomi nevrotici.
Quanto sviluppato dalla psicoanalisi sull’origine dell’ansia e delle psiconevrosi può essere sintetizzato secondo questi termini: “l’ansia nevrotica deriva da un conflitto non risolto tra pulsioni istintuale primarie che obbediscono al principio del piacere (Es ) e pulsioni secondarie (o motivazioni di senso opposto) derivanti dall’apprendimento e dalla interiorizzazione di divieti morali e sociali (Super io ); di fronte a queste tendenze opposte, l’Io (la cui funzione è soprattutto quella di risolvere e di adeguare il conflitto a seconda della situazione ambientale o vitale) è debole ed incapace di armonizzare le tendenze opposte in accordo al principio di realtà. Ebbene in chi soffre di ansia vi sarebbe o un super io troppo grande, eccesso di divieti morali, o una debolezza dell’io per ristabilire un’armonia tra le pulsioni opposte”. (Sarteschi P. & Maggini C.,1982: p. 778).
Nonostante il fatto che Freud fosse arrivato alla conclusione che l’accumulo di tensione producesse una difficoltà di respirazione tale da generare ansia, né lui né la psicoanalisi seguirono questo filone che avrebbe aperto la strada della comprensione biologica dei disturbi della personalità. Successivamente Reich scoprì e approfondì autonomamente questa connessione che divenne la base del suo approccio terapeutico e portò in seguito alla creazione della bioenergetica. Secondo Reich (1973) la scoperta e la rimozione dei blocchi psichici poteva essere facilitata dall’eliminazione dei blocchi fisici. Di fronte a situazioni difficili o imprevedibili l’uomo sviluppa una difesa sia fisica che mentale, dietro la quale la personalità si nasconde per proteggere l’individuo.
Questa corazza tende a rinforzarsi e ad evolversi seguendo lo sviluppo dell’individuo; garantisce un equilibrio psichico proteggendolo da quei traumi che non sono stati rimossi e riduce l’ansia e la paura apparente. Rappresenta un meccanismo di protezione, la sintesi delle difese che un individuo oppone alle provocazioni del mondo. Secondo Lowen (1975), l’ansia nevrotica nasce da un conflitto interno fra un movimento energetico nel corpo e un controllo o blocco inconscio eretto a limitare o arrestare tale movimento. I blocchi sono le tensioni muscolari croniche che compaiono soprattutto nella muscolatura striata o volontaria che normalmente è soggetta al controllo dell’io.
Quando la tensione presente in un gruppo di muscoli diventa cronica il controllo cosciente dell’io viene a mancare perché è diventato esso stesso inconscio (assumendo il valore di difesa) e l’io non ha più autorità. Funziona come un’entità indipendente all’interno della personalità e acquista potere in proporzione diretta all’ammontare delle tensioni croniche del corpo. Le difese psichiche e somatiche (le tensioni muscolari croniche) hanno la funzione di proteggere la persona dai sentimenti repressi che non osa esprimere. Queste tensioni muscolari, localizzate alla gola, al collo, al petto, al diaframma e alla vita possono ostacolare notevolmente la respirazione e, se diventano croniche, creano una predisposizione all’ansia. C’è una connessione molto stretta tra difficoltà respiratorie e ansia: qualsiasi blocco al processo respiratorio produce lo stato di ansia.
Nel momento in cui la persona si trova a fronteggiare situazioni difficili e quindi a vivere emozioni intollerabili, costruisce delle difese che hanno lo scopo di proteggere e nascondere la personalità. Tali emozioni vengono quindi intrappolate in quella che viene chiamata armatura caratteriale, che una volta strutturata, persiste nel corpo anche quando le situazioni che l’hanno determinata cessano di esistere. Lowen si concentra sui blocchi fisici e su come questi ostacolino la percezione del corpo e la consapevolezza di se.
L’origine dell’ansia in un individuo, secondo il pensiero di Lowen (1975), è da ricondursi a un meccanismo di carica e scarica dell’energia ed al funzionamento degli organi interessati in questo processo. In Bioenergetica (1975), l’autore sottolinea come gli organi della testa siano principalmente il cervello, i recettori sensoriali, il naso e la bocca ed il fatto che tutti questi organi, fatta eccezione per il cervello, sono organi con funzione ricettiva; infatti l’ossigeno, il cibo e gli stimoli sensoriali entrano proprio attraverso gli organi del capo. L’autore mette inoltre in contrapposizione la funzione degli organi del capo con la funzione di un altro gruppo di organi posizionato nella sezione opposta del corpo: la funzione del basso addome e delle pelvi è quella di emettere. Inoltre in bioenergetica anche le gambe ed i piedi vengono considerati organi di scarica perché spostano e sorreggono l’organismo.
Lowen spiega come questa polarità delle funzioni corporee stia alla base dell’idea che il capo abbia a che fare con processi che portano ad un aumento dell’energia, mentre la parte terminale del corpo ha a che fare con processi che portano alla scarica energetica. Sempre in Bioenergetica (1975) l’autore mette in luce come la conservazione della vita non dipenda solamente da un apporto costante di energia (cibo, ossigeno, stimoli), ma anche da un adeguato processo di scarica, presentando così la salute come una condizione di relativo equilibrio. In quest’ottica un’assunzione insufficiente porterebbe all’esaurimento delle riserve energetiche con successivo rallentamento dei processi vitali; se il livello di scarica invece risultasse inadeguato, una delle prime conseguenze sarebbe la produzione di ansia. Per la maggior parte degli individui l’ansia è una condizione temporanea prodotta da una situazione che eccita il corpo più del normale; infatti tutti tendono a rimanere in uno stato di relativo equilibrio energetico.
Un altro modo per leggere o completare quanto appena descritto rispetto all’emergere dell’ansia è la presa in considerazione del principio del piacere; infatti l’orientamento principale della vita è quello di cercare il piacere e sfuggire al dolore. Come sottolinea Lowen (1975) questo orientamento è insito nell’essere umano in quanto, a livello corporeo, il piacere promuove il benessere e la vita dell’organismo. Il dolore invece viene vissuto come una minaccia all’organismo. Il movimento naturale del nostro corpo è infatti quello di apertura per ricercare il piacere e quello di chiusura per cercare di evitare il dolore. Il problema insorge quando una situazione contiene una promessa di piacere unita alla minaccia di una sofferenza: è proprio in questa situazione che compare l’ansia.
In pratica la promessa del piacere suscita nell’organismo un impulso a protendersi verso il piacere ma la minaccia del dolore costringe l’organismo a soffocare questo impulso creando uno stato d’ansia. Questa situazione tipo, cioè il disagio generato da segnali contraddittori, è esattamente l’origine dell’ansia che sta alla base delle turbe nevrotiche e psicotiche della personalità. Le situazioni che danno inizio a questo disagio sono presenti fin dall’infanzia nel rapporto tra genitori e figli. I bambini vedono nei genitori una fonte di piacere e li cercano con amore. Purtroppo però i genitori non sono solo fonte di piacere, il bambino ben presto li accomuna con la possibilità di provare dolore e rifiuto. A causa di questo meccanismo vengono erette delle difese atte a diminuire l’ansia, ma queste difese diminuiscono anche la vita e la vitalità dell’organismo. Questo è lo schema generale:
Ricerca del piacere → deprivazione, frustrazione o punizione →ansia →difesa
Dunque possiamo definire la sensazione di piacere come la percezione di un movimento espansivo del corpo (aprirsi protendersi, entrare in contatto), mentre gli atteggiamenti di chiudersi, controllarsi e trattenersi non vengono vissuti con piacere: anzi possono essere vissuti come fonte d’ansia (Lowen, 1975). Secondo l’autore l’ansia risulterebbe quindi dalla pressione che si genera quando l’energia di un impulso incontra un blocco; l’unico modo di evitare l’ansia è erigere una difesa verso questo impulso. Presto impariamo dunque a controllare le nostre emozioni e bloccando le espressioni emotive blocchiamo anche, permanentemente, i muscoli coinvolti in queste espressioni mediante tensioni croniche inconsce.
I blocchi nella gola e nelle mascelle ci impediscono di piangere o di urlare, ma d’altro canto ci impediscono anche di cantare o di gridare di gioia. I blocchi nelle spalle e nelle braccia frenano non soltanto il nostro desiderio di aggredire e di colpire, ma anche il nostro desiderio di abbracciare. I blocchi nella vita frenano il pianto e le grida altrettanto bene di quanto ci limitano il respirare e il sospirare. La contrattura dei muscoli delle gambe e dei piedi blocca la spinta alla ribellione, ma diminuisce anche la nostra capacità di sorreggerci e di essere indipendenti. I muscoli della parte bassa della schiena, delle natiche, delle cosce, del pavimento pelvico sono invece coinvolti nel controllo della sessualità e delle funzioni escretorie. Quindi se l’impulso viene represso l’individuo non proverà nè ansia nè dolore, ma non proverà neanche piacere.
Bibbliografia
- Lowen, A. (1975). Bioenergetics. New York: Coward, McCarin & Georgen Inc. (Tr. It: Bioenergetica. Milano: Feltrinelli Editore, 1983).
- Sarteschi P. & Maggini C. (1982). Manuale di psichiatria. Monduzzi Editoriale.
- Reich, W. (1933). Character analysis or in the original: Charakteranalyses: Technik und grundlagen fur studierende und praktizierende analytiker. (Trad. Ita.: Belfiore, F. & Wolf, A. Analisi del carattere. Milano: Ed. SugarCo, 1973).