Chi è il Terapeuta Umanista?

La Psicologia Umanistica


La psicologia umanistica affonda le proprie radici nella corrente filosofica definita “fenomenologico-esistenziale”. All’inizio degli anni Sessanta, all’interno di una nuova prospettiva di pensiero che mirava a riportare al centro dell’indagine psicologica la soggettività e il vissuto della persona, nasce negli Stati Uniti quella che viene definita Psicologia Umanistica o “Psicologia della Terza Forza”, sostenuta da un gruppo di psicologi tra cui Carl Rogers, Rollo May e Abraham Maslow.
La Psicologia Umanistica ha ampliato il campo di osservazione dell’essere umano introducendo nuovi aspetti:
– l’attenzione alla persona e all’esperienza;
– l’interesse per temi come la libertà di scelta, la spinta creativa e l’autorealizzazione;
– la valorizzazione della persona e delle sue potenzialità;
– un significativo cambiamento nella concezione di malattia e salute.

 

Carl Rogers


L’impostazione rogersiana è considerata un po’ il simbolo di tutta la psicoterapia umanistica: secondo tale prospettiva il rapporto terapeutico va considerato come il rapporto tra due persone, in cui il terapeuta porta non solo la propria competenza professionale, ma anche la sua sensibilità, la sua esperienza, la sua disponibilità all’ascolto ed all’aiuto.
L’individuo non è più ridotto ai suoi sintomi o a ciò che non va, ma è una totalità, dove ogni sua espressione, sia fisica che mentale, rappresenta solo una parte del suo significato, delle sue emozioni e della sua espressione di vita.

 

Il Terapeuta Umanista


Il metodo della Psicoterapia Umanistica è olistico e dinamico, considera la persona come “unità bio-psico-sociale” e l’obiettivo è la comprensione del soggetto nella sua totalità individuale.
Alcuni aspetti centrali di questo approccio sono proprio la visione della funzionalità e della potenzialità dell’essere umano, che creano quindi la possibilità di uscire da una visione patologizzante dell’individuo.
Nella terapia umanistica l’attenzione è al “qui ed ora”, al processo attuale di ciò che avviene dentro la stanza e soprattutto alle emozioni manifestate o più spesso nascoste dalla persona. Le emozioni assumono un ruolo fondamentale all’interno dell’approccio, diventando sia bersagli che agenti di cambiamento. Il terapeuta entra in contatto con l’emozione della persona, validandola e restituendola con empatia, sintonizzandosi ad essa ed esplorandola con accettazione positiva incondizionata e completa assenza di giudizio.
La funzione del terapeuta è proprio quella di creare un’atmosfera di empatia e di accettazione comprensiva (definita da Rogers “considerazione positiva incondizionata”, 1951), al fine di creare un’alleanza terapeutica sicura e collaborativa.

 

Un Terapeuta “caldo”


Una relazione sicura, in cui il paziente possa sentirsi accettato e validato nei suoi vissuti, non può non tener conto delle emozioni del terapeuta stesso, di ciò che sente e vive dentro di sé mentre il paziente parla. Ma queste emozioni si possono esprimere? Se sì, che effetto avranno sul paziente?
Secondo Nancy McWilliams, psicologa e psicanalista, “il lettino permette al terapeuta la libertà di rispondere internamente al materiale del paziente senza autocoscienza: fantasticare, rispondere affettivamente, persino piangere senza preoccuparsi che il paziente sia distratto dai processi interni dalla reattività emotiva del terapeuta” (McWilliams, 1994).
Non sono molti gli studi che approfondiscono tale argomento, come il pianto del terapeuta di fronte al paziente (therapists’ crying in therapy). Secondo uno studio il 72% dei 684 psicologi intervistati ha riportato di aver pianto in terapia (Blume-Marcovici et al., 2013).
In un altro studio è emerso come il 66% dei clinici che sono stati intervistati e che non hanno discusso del pianto con il paziente abbia riportato un miglioramento nella relazione (Blume-Marcovici et al., 2015).
Altri studi mostrano che quando le lacrime sono percepite come segno di empatia, fiducia, affidabilità possono mostrare effetti positivi sulla terapia e sull’alleanza; se invece le lacrime sono percepite dal paziente come un segno di scarsa competenza e professionalità, possono emergere effetti negativi sulla relazione (‘t Lam et al., 2018).
Ciò che ritengo estremamente importante in questo senso è proprio la possibilità di utilizzare tale pianto (come ogni altra emozione) come strumento di terapia, come veicolo per facilitare nel paziente l’occasione di viversi liberamente e pienamente le proprie emozioni.
Come ti fanno sentire queste mie lacrime?” “Mentre tu parli mi arriva forte la tua emozione: quante volte ti concedi di poterti emozionare di fronte ad altre persone?”
Queste tipicamente sono le domande che più spesso pongo ai miei pazienti. Continuamente mi focalizzo su questo aspetto: il terapeuta è il principale strumento e la primaria tecnica da utilizzare in terapia. Un terapeuta caldo, empatico, in grado di connettersi emotivamente alla persona e sintonizzarsi su ciò che sta vivendo è lo strumento più potente per poter sciogliere nel paziente quel blocco emotivo, per poter facilitare la sua possibilità di viversi pienamente le emozioni e di poterle utilizzare in modo funzionale nella sua vita, nel suo lavoro, nelle sue relazioni.

 

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Bibliografia

 

  • Rogers, C. R. (2007). Terapia centrata sul cliente (Vol. 7). edizioni la meridiana.
  • Napoli, L., Gori, B. (2012). Dare corpo all’anima. Alpes Italia.
  • Blume-Marcovici, A. C., Stolberg, R. A., & Khademi, M. (2013). Do therapists cry in therapy? The role of experience and other factors in therapists’ tears. Psychotherapy, 50(2), 224.
  • Blume-Marcovici, A. C., Stolberg, R. A., & Khademi, M. (2015). Examining our tears: Therapists’ accounts of crying in therapy. American journal of psychotherapy, 69(4), 399-421.
  • McWilliams, N. (1994). Psychoanalytic diagnosis. New York: Guilford Press.
  • ‘t Lam, C., Vingerhoets, A., & Bylsma, L. (2018). Tears in therapy: A pilot study about experiences and perceptions of therapist and client crying. European Journal of Psychotherapy & Counselling, 20(2), 199-219.

 

Sitografia

 

  • https://www.stateofmind.it/2019/07/pianto-del-terapeuta/

 

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