“Alcuni porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono il dolore delle spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali: il freddo e il dolore. Tutto questo durò finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione.” (Arthur Schopenhauer, capitolo XXI)
Che emozioni nascono in te dopo aver letto queste parole?
Che rapporto hai con la distanza e la vicinanza?
Il dilemma del porcospino di Schopenhauer
Non esistono risposte più giuste di altre, tutte provengono da vissuti e bisogni diversi che in determinati momenti della nostra vita orientano le nostre scelte e i nostri modi di sentire e di sentirci con gli altri.
Dalle parole di Schopenhauer, se accorciamo troppo le distanze dall’altro rischiamo di ferirci a vicenda: proprio come i porcospini, che si avvicinarono così tanto da sentire le spine dei compagni, così noi quando annulliamo le barriere esponendoci all’altro, possiamo correre il rischio di sentire dolore, di rimanere invischiati in dinamiche opprimenti, di non sentire la nostra libertà.
Allo stesso tempo, sempre nell’immagine che ci ha donato Schopenhauer, se ci allontaniamo troppo gli uni dagli altri potremmo non sentire il calore, la vicinanza, il supporto, arrivando a vivere momenti di solitudine e isolamento.
Con questa metafora, il filosofo tedesco cerca di comunicarci il grande dilemma che siamo portati a vivere nelle nostre relazioni quotidianamente:
vicini ma feriti o distanti e in sicurezza?
Sembra un po’ un paradosso…
Sappiamo quanto sia importante la dimensione relazionale nella vita dell’uomo che, sicuro della protezione garantita dalla vicinanza agli altri, si è sempre organizzato in tribù e comunità facendo dei legami uno dei suoi principali strumenti di forza.
Siamo quindi abituati a credere che vicinanza sia sinonimo di sicurezza e protezione, ma non sempre è così… Anche la stessa parola “legame” nasconde in sé significati ambivalenti:
qualcosa che tiene ma contiene, che lega ma vincola.
Allo stesso modo, forse, siamo portati a ritenere la distanza pericolosa, simbolo di distanziamento, rischio di separazione dagli altri e solitudine. Di nuovo, non sempre è così.
Essere distanti porta con sé solo risvolti negativi? Possiamo apprezzare la nostra solitudine?
Il significato profondo del “dilemma del porcospino” riguarda proprio l’importanza di trovare la giusta distanza, un equilibrio tra il sentirsi vicini e il sentirsi lontani, una distanza che rispetti i bisogni diversi in momenti diversi della nostra vita, che sia flessibile e in grado di adattarsi alle nostre esigenze e ai nostri desideri.
Distanze e prossemica
A tal proposito l’antropologo Edward T. Hall ha definito la prossemica come lo studio dell’uso della distanza nei rapporti interpersonali e le forme di comunicazione utilizzate. Lo spazio di ciascuna persona può essere definito non solo dallo spazio fisico occupato dal nostro corpo ma anche da uno spazio personale, una bolla invisibile, in cui decidiamo chi può entrare e chi invece non è gradito. Hall ha ipotizzato il modello delle distanze interpersonali, secondo cui esistono quattro diversi tipi di distanze, che si manifestano sia nello spazio che nella percezione di vicinanza e lontananza all’interno delle nostre relazioni sociali:
- La distanza intima (0 – 45 cm), prevede un grande livello di intimità; distanze così ravvicinate permettono di guardare l’altro da vicino, di poterlo sfiorare, toccare, abbracciare e di condividere emozioni in modo intenso.
- La distanza personale (45 – 120 cm), è la distanza in cui generalmente si situano le principali interazioni di amicizia e confidenza. Può variare molto in base all’intimità e alla storia personale di ciascuna relazione; comunque è una distanza che permette di “toccare” l’altro ma rimanendo nel proprio spazio personale.
- La distanza sociale (120 – 300 cm) permette di stabilire rapporti più informali, come potrebbero essere in ambito lavorativo.
- La distanza pubblica (oltre 3 m) la troviamo in quelle situazioni di incontro pubblico, in cui non c’è un’interazione diretta con la singola persona, ma ci troviamo in spazi più ampi e distanziati.
Nuove distanze
In questo periodo ci siamo trovati ad affrontare sfide nuove e difficili e adesso che è cominciata la “Fase 2” le domande che ci poniamo sono moltissime.
Sarà emozionante rivedere i miei genitori, tornare dai miei nonni, salutare i miei figli…ma quanto posso avvicinarmi?
A quella distanza sarò in grado di percepire tutte le emozioni rimandate fino a questo momento?
Quanto riuscirò a trovare la “giusta distanza”?
Non sempre è semplice trovare la giusta distanza: spesso ci troviamo più vicini di quanto desideriamo, altre volte vorremmo colmare lo spazio che ci separa dall’altro senza rischiare di invaderlo e di non rispettare i suoi confini. Il rispetto è un elemento essenziale in questa dinamica: rispetto per se stessi e per le proprie emozioni, rispetto per le emozioni dell’altro e per i suoi spazi, rispetto dei tempi che non sempre sono sincroni e coordinati.
Adesso più che mai ciascuno di noi porta con sé bagagli pieni di emozioni diverse, di vissuti altalenanti e dubbi, e in procinto di re-incontrarci dobbiamo essere consapevoli di quanto questi bagagli possano essere “lontani” nel momento in cui si troveranno ad essere vicini.
Capiterà che ci siamo lasciati in un modo, prima di questa emergenza, e ci troveremo in un altro; capiterà che i nostri bisogni saranno diversi oppure che il desiderio di vicinanza sarà così forte da perdere di vista i tempi dell’altro.
Come cambiano le mie relazioni?
Sicuramente in questo periodo ci siamo ascoltati molto e abbiamo riflettuto sulle relazioni della nostra vita; alcune si sono dimostrate più forti delle distanze, altre le abbiamo riscoperte, altre ancora si sono allentate più o meno volontariamente.
Proviamo adesso a collocarle in quello spazio invisibile che ci permette di delinearle come relazioni intime, personali, sociali o pubbliche, pensando proprio alle singole persone con cui abbiamo avuto contatti virtuali o fisici durante questa quarantena.
Che cosa è cambiato di questi legami rispetto a prima?
Alcuni hanno transitato dallo spazio intimo al personale, o viceversa? Questo è uno dei tanti scenari possibili, ma ognuno di noi avrà storie diverse da raccontare.
Lasciatevi condurre dalle vostre sensazioni senza giudizio, solo con la voglia mettervi in contatto con la parte più intima di voi e con la curiosità di andare a scoprire quanto il vostro mondo relazionale sia fluido, mobile e dinamico.
Sitografia e Bibliografia
- Goleman, D. (1995). Intelligenza emotiva. Rizzoli: Milano
- Hall, E. T., & Eco, U. (1968). La dimensione nascosta. Milano: Bompiani.
- Lowen, A. (2001). Il linguaggio del corpo (Vol. 13). Feltrinelli Editore.
- Schopenhauer, A. (2000). Parerga and Paralipomena: Short Philosophical Essays (Vol. 1). Oxford University Press.
- Immagine del dipinto “La persistenza della memoria” di Salvador Dalí
Studio Napoli
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