Depressione: caratteristiche, cause e strategie volte a prevenire il disturbo

Il termine “depresso” viene utilizzato quasi con disinvoltura, come sinonimo di triste, malinconico, è talmente abusato nel linguaggio comune che il suo significato medico può finire per sfuggirci; può capitare, infatti, di chiedersi se stiamo sviluppando una depressione anche quando, in realtà, stiamo solo attraversando uno dei tanti periodi difficili che si possono incontrare nel corso della vita. La depressione è una delle malattie psicologiche più comuni, in Italia ne soffre un milione e mezzo di persone e sono almeno sei milioni gli individui che hanno sperimentato almeno una volta nella vita un episodio depressivo. In particolare, nel corso della vita una donna su cinque e un uomo su dieci ne saranno colpiti ed è importante evidenziare che, sebbene questo disturbo affligga prevalentemente gli adulti, anche i bambini e, più di frequente, gli adolescenti ne possono essere interessati. Ma come si fa a capire se veramente sta iniziando a manifestarsi un disturbo depressivo oppure se stiamo semplicemente vivendo un momento di malinconia e tristezza passeggero?

Innanzitutto non tutte le manifestazioni di dolore sono necessariamente indice di un disturbo depressivo: tale condizione mentale, infatti, si distingue dalla tristezza per il fatto che la persona che ne soffre non riesce più a trarre piacere da nulla e manifesta grandi difficoltà nel prendere decisioni. Ad esempio, al mattino una persona depressa non sa se alzarsi o rimanere a letto, finendo poi per rimanere distesa diverse ore incapace di affrontare la giornata che la aspetta. Per chi soffre di depressione provare piacere o soddisfazione è impossibile poiché le emozioni positive risultano intorpidite: tale fenomeno prende il nome di anedonia, ovvero l’incapacità di provare piacere o soddisfazione.

In secondo luogo, per distinguere la presenza di un disturbo depressivo da vissuti di tristezza è necessario conoscerne le caratteristiche specifiche. La depressione si manifesta tramite una serie di segnali che possono essere raggruppati in cinque categorie:

  • Alterazione dell’umore: si parla di umore depresso facendo riferimento a una condizione di tristezza patologica, caratterizzata da perdita di interesse e di piacere per qualsiasi attività (la cosiddetta anedonia). Tali sintomi emotivi possono manifestarsi sia attraverso crisi di pianto e iper-emozionalità, sia tramite “abrasione emotiva” (la persona non sente più nessuna emozione) e causano un intenso dolore emotivo.
  • Ansia: l’intensità è variabile ma la sua presenza è costante e si manifesta con una paura e tensione quasi permanenti, in qualsiasi situazione, anche in quelle che non dovrebbero suscitare apprensione.
  • Sintomi cognitivi: comprendono il senso di colpa, l’autosvalutazione, la riduzione della capacità di concentrazione e di decisione, la tendenza a stancarsi molto rapidamente e il rallentamento del pensiero.
  • Sintomi fisici: sono numerosi e possono variare a seconda dei casi: la persona interessata può ad esempio perdere o aumentare di peso senza seguire alcuna dieta, oppure di frequente dormire male (insonnia) oppure troppo (ipersonnia). Sono solitamente presenti anche sintomi quali agitazione o rallentamento psicomotorio, calo della libido, spossatezza o perdita di energia, o ancora dolori diffusi (spesso mal di schiena e mal di testa).
  • Pensieri suicidi: comprendono idee oscure e pensieri di morte: la persona immagina di uccidersi, pensa a come farlo e ipotizza le conseguenze per le persone che la circondano. A volte, purtroppo, il gesto fino a quel momento soltanto immaginato viene poi messo in atto.

Per le persone affette da depressione, la vita quotidiana e le sue consuete costrizioni diventano demoralizzanti ed estenuanti e tutto sembra insormontabile; questo perché, solitamente, i sintomi si auto-alimentano in un circolo vizioso: il ripiegamento su se stessi infatti dà luogo ad autosvalutazione e a un senso di colpa diffuso (“sto a casa senza fare nulla, sono inutile”), che a loro volta producono pensieri tristi (“mi deprime essere inutile”), con conseguente delusione e senso di impotenza (“non ho più la forza di alzarmi”), che a loro volta affaticano la mente e rafforzano ulteriormente il ripiegamento su se stessi.

I sintomi sopra elencati sono indice di depressione se presenti per almeno due settimane consecutive e accompagnati da una marcata sofferenza nel soggetto o da un’alterazione del funzionamento sociale, professionale o di altre funzioni importanti (per esempio la persona diviene incapace di occuparsi dei figli).

Ma che cosa causa la depressione? Negli ultimi decenni, la conoscenza dei meccanismi psicologici e fisiologici della malattia si è considerevolmente approfondita ed è stato evidenziato che tale disturbo è causato da una intensa pressione e da uno stress continuativo. In condizioni estreme infatti la mente ed il corpo fanno sì che parti delle percezioni dell’individuo si “isolino”, per difendersi dai segnali che ricevono: la persona non prova e sente più niente e dà agli altri l’impressione di essere assente. Questo stato di isolamento dal mondo circostante funge come uno “scudo difensivo” e la depressione insorge quando non si riesce ad uscire da questo stato di isolamento dal mondo circostante: quando ciò avviene la sofferenza, l’impotenza, la rabbia o la ruminazione mentale prendono il sopravvento e l’isolamento emotivo e sociale diventa cronico. A questo punto, molti pazienti riferiscono una sensazione di vuoto interiore e la mancanza di stimoli; quando compaiono questi sintomi si parla di episodio depressivo. La depressione, quindi, non deve essere messa sullo stesso piano della tristezza, piuttosto deve essere identificata con l’incapacità di percepire le sfumature positive e negative del mondo, ovvero con l’esperire vuoti emotivi.

I segnali che la depressione ci fa arrivare, sia nel corpo che nella mente, non devono essere sottovalutati; allo stesso modo, se si sta affrontando un periodo difficile e si ha la sensazione che niente vada per il verso giusto, è necessario intervenire per evitare che un momento di stanchezza si trasformi in uno stato depressivo. Infatti, se questi stati d’animo di per sé hanno poco a che fare con una vera e propria depressione, possono però portare a svilupparla se non si reagisce in tempo. Per evitare che si manifesti un crollo, è necessario trovare un equilibrio tra i vari aspetti della vita quotidiana (ovvero la dimensione sociale, psicologica, fisica, emotiva spirituale ed economica).

Una disciplina utile in tal senso è la psicologia positiva, che sottolinea fortemente il ruolo delle risorse positive e delle potenzialità dell’individuo. Gli interventi di questa disciplina sono basati su esercizi e attività mirati alla valorizzazione degli aspetti positivi dell’esistenza e della propria persona tramite i cosiddetti punti di forza. In particolare, la psicologia positiva insegna a modificare le proprie abitudini e adottare alcune misure protettive per salvaguardare la propria salute mentale; essa offre conoscenze specifiche e strategie comprovate per migliorare il benessere individuale e sociale e si concentra sull’esplorazione e sull’espansione di ciò che rende la vita significativa, produttiva e appagante, in tutta la sua complessità.

La ricerca sulla psicologia positiva ha evidenziato che la felicità porta al successo in quasi tutti gli ambiti della vita. Da una importante meta-analisi, condotta da Sonja Lyubomirsky e colleghi nel 2005 è emerso infatti che gli individui che godono di un più alto livello di benessere, ovvero quelli più felici, presentano determinate caratteristiche: vivono più a lungo, sono più equilibrati, hanno più successo nelle imprese professionali e personali, sono più produttivi, pensano in modo più veloce ed efficiente, sono più creativi, si impegnano maggiormente nel loro lavoro, sono anche più attenti e altruisti e più impegnati socialmente degli altri, e in sostanza appaiono più fortunati degli altri. Per prevenire un crollo depressivo e mantenere un equilibrio anche quando si incontrano momenti di difficoltà nel corso della vita, quindi, possono essere attuate alcune strategie volte ad ottimizzare i sentimenti di felicità ed efficacia nella vita quotidiana in ambito lavorativo, familiare e anche nelle relazioni sociali. Vediamo in cosa consistono, nello specifico, le sette strategie a cui si può ricorrere:

  • Generare emozioni positive: ovvero saper suscitare in se stessi e nelle altre persone emozioni positive, al fine di migliorare le proprie capacità e raggiungere un maggiore benessere. Quando proviamo emozioni positive come la gioia, ad esempio, si modifica l’asse fisiologico dello stress che controlla tutta una serie di processi (la pressione sanguigna, la respirazione, il polso e la produzione di ormoni e neurotrasmettitori) e si producono cambiamenti fisici che incidono sulle funzioni cerebrali a breve e lungo termine: a breve termine ci sentiamo più rilassati e rinvigoriti dall’emozioni positiva esperita, a lungo termine il benessere derivante da tali emozioni influenza il nostro comportamento, poiché i neurotrasmettitori e gli ormoni che vengono prodotti determinano anche cambiamenti strutturali che durano nel tempo. Si sviluppa così un senso di fiducia in se stessi che, da un lato, incrementa la ricezione di informazioni e la capacità di risolvere i problemi, dall’altro, favorisce un atteggiamento di fiducia e apertura nei confronti degli altri. Per generare emozioni positive è possibile effettuare alcuni semplici esercizi: concedersi ogni giorno un piacere, anche piccolo (un quadratino di cioccolato, un pisolino prima di tornare a lavoro); ridere (è stato dimostrato che ridere fa veramente bene alla salute); sviluppare la “meraviglia” (è importante prendersi il tempo di osservare la natura, ciò che accade intorno a noi e rimanere sensibili alla bellezza che ci circonda); infine sviluppare la serenità, ovvero lo stato di piacere che consente al nostro cervello di riposare tramite, ad esempio, la meditazione.
  • Adottare un atteggiamento costruttivo e uno stato d’animo positivo: ciò consente di migliorare l’apprendimento e aprire la mente a nuove modalità per incrementare il livello di felicità. Tale strategia può essere attuata tramite il concetto di mindset o configurazione della mente: si tratta di una sorta di formattazione mentale, uno stato d’animo che viene creato per raggiungere obiettivi specifici. Le nostre abilità di base (intelligenza, talento) non sono tratti statici, possono essere sviluppati tramite un lavoro regolare, cioè l’apprendimento, che a sua volta incrementa la motivazione, il rendimento e la capacità di recupero. Si tratta quindi di concentrarsi sui progressi che vengono effettuati nel raggiungere un obiettivo, su ciò che si apprende ogni volta che si prova qualcosa di nuovo, senza preoccuparsi di quello che accadrà se l’obiettivo non viene raggiunto.
  • Essere consapevoli: consiste nel coltivare gli stati di consapevolezza, obiettivo che può essere raggiunto tramite la mindfulness, ovvero l’osservazione non giudicante del flusso continuo di stimoli interni ed esterni che si presentano. La pratica della mindfulness porta gli individui a rendersi conto che raramente sono completamente assorbiti dall’attività in cui sono impegnati, e richiede attenzione all’esperienza in corso senza giudizi e senza aspettative: le emozioni e i fenomeni cognitivi devono infatti essere osservati, non valutati. Tale pratica si basa su due componenti: l’autoregolazione dell’attenzione e l’orientamento all’esperienza, comprende inoltre tre abilità attenzionali: l’attenzione sostenuta, ovvero la capacità di mantenere l’attenzione per un lungo periodo di tempo su un particolare aspetto dell’esperienza (ad esempio il respiro); la flessibilità, ovvero la capacità di spostare l’attenzione da un oggetto all’altro; l’inibizione dei processi secondari, ovvero la capacità di inibire l’elaborazione secondaria di processi, immagini o sensazioni.
  • Costruire la resilienza: si tratta di massimizzare la propria capacità di resistere e adattarsi alle problematiche quotidiane della vita. Si possono identificare quattro usi della resilienza: superare le circostanze difficili o le conseguenze negative del passato, affrontare lo stress quotidiano, riprendersi dalle avversità ed essere in grado di muoversi verso nuovi obiettivi con un senso di autostima più forte. La resilienza è presente in tutte quelle strategie che aiutano a gestire le emozioni o a evitare i pensieri negativi: ad esempio, un esercizio di respirazione profonda, una passeggiata quando ci si sente stressati o anche una semplice azione come il riorganizzare la libreria, sono tutte attività che possono creare le condizioni giuste per regolare le proprie emozioni e scegliere il modo giusto di reagire a una situazione problematica.
  • Essere ottimisti: consiste nella tendenza ad aspettarsi i migliori risultati possibili e si tratta di una esperienza della vita quotidiana costantemente influenzata dal modo in cui ci sentiamo e che di conseguenza può cambiare da un momento all’altro. Quando si presenta un problema, la persona ottimista ritiene di non aver nessuna colpa e attribuisce un ruolo ai fattori esterni o ambientali: la situazione è temporanea e mutevole, il problema non influirà sulla sua intera vita. D’altro canto, ripetuti fallimenti possono portare a un pensiero pessimista e ricorrente che può diventare una convinzione, in grado di influenzare le reazioni e il comportamento dell’individuo. L’obiettivo è quello di interrompere questo circolo vizioso spostando l’orientamento cognitivo e concentrandosi su qualcos’altro. Un semplice promemoria visivo collocato in un punto della casa può aiutare a sviluppare un atteggiamento ottimista: per esempio, si può attaccare un post-it sullo specchio del bagno per ricordarsi di sorridere di più.
  • Praticare la gratitudine: essere grati aiuta a resistere allo stress e a comprendere che abbiamo bisogno delle altre persone per vivere a pieno. La gratitudine produce dei benefici quando viene espressa in modo consapevole e incoraggia a sviluppare emozioni positive concentrandosi sulla propria fortuna: l’obiettivo è passare dalla durezza “voglio una cosa” alla gratitudine “sono felice di quello che ho”. Ciò consente di liberarsi dalla pressione che viene esercitata su di noi concentrandoci su noi stessi, per sviluppare una relazione positiva con gli altri e con il mondo. La gratitudine è parte integrante della psicologia positiva: quando si apprezza qualcosa, il suo valore aumenta e siamo in grado di capire che vale la pena di ottenere qualcosa. Infatti, quando un individuo che pratica la gratitudine beneficia di un cambiamento di vita piacevole è più probabile che si goda l’esperienza e si senta felice al riguardo. Riconoscere gli eventi positivi della vita contrasta la naturale tendenza delle persone ad adattarsi all’ambiente e accontentarsi di un livello di benessere mediocre. Ma come possiamo praticare la gratitudine? Diversi studi scientifici hanno evidenziato che l’annotare regolarmente gli eventi per i quali si può essere grati può migliorare significativamente l’umore, le capacità di fronteggiare le diverse situazioni e la propria salute fisica. Risulta quindi utile tenere un “diario della gratitudine”, cioè un documento personale in cui vengono scritti i motivi per cui si è felici e grati. E’ stato dimostrato che annotare regolarmente brevi riflessioni sui momenti di cui si è grati aumenta notevolmente il benessere e la soddisfazione generale delle persone: in questo modo infatti la mente viene predisposta a sopprimere l’ingratitudine e orientare i pensieri verso il positivo.
  • Identificare i propri punti di forza: l’ultima strategia contro i pensieri negativi è quella di individuare e definire le proprie risorse. Con il termine “punto di forza” si fa riferimento ad una abilità preesistente che consiste in un particolare modo di comportarsi, pensare o sentire, un modo autentico ed energizzante per l’individuo e che consente un funzionamento, uno sviluppo e una performance ottimali. Quando le persone sfruttano in modo ottimale i propri punti di forza si sentono più felici e sicure di sé, meno stressate, più resilienti e più impegnate nello sviluppo personale.

Tramite queste sette strategie è possibile evitare sentimenti depressivi e bilanciare correttamente l’equilibrio della propria vita mettendo da un lato vincoli e difficoltà, dall’altro la vita piacevole, piena di impegno e di significato. Oltre alla ricerca dei piaceri, la ricerca volta al raggiungimento del significato e dell’impegno rappresenta infatti la miglior protezione contro la depressione.

Per concludere, è importante ricordare di non sottovalutare i sintomi legati alla depressione; in loro presenza è caldamente consigliabile rivolgersi a un professionista della salute mentale o parlarne con una persona cara, in modo che questa possa essere di aiuto e possa incrementare la motivazione circa l’intraprendere un percorso di psicoterapia. Oggi la ricerca medica e le conoscenze relative a tale disturbo sono progredite: i trattamenti sono meglio tollerati, più efficaci e ottenere un esito favorevole è sempre possibile. A volte può capitare di dover procedere lentamente, magari cambiando farmaco, terapia o anche terapeuta durante il percorso, ma affrontare la depressione non è un percorso facile, anche perché di solito chi ne è affetto non è consapevole dei progressi fatti. Tuttavia quel percorso vale la pena intraprenderlo: oggi la depressione è una malattia che può essere curata.


Bibliografia

  • Jérome Palazzolo, Sono depresso? in MIND-Le Scienze, Roma, marzo 2023, pp.24-27.
  • Jérome Palazzolo, Trovare il giusto equilibrio in MIND-Le Scienze, Roma, marzo 2023, pp 37-43.
  • Louis G. Castonguay Thomas F. Oltmanns (a cura di), Psicologia clinica e psicopatologia. Un approccio integrato, Raffello Cortina Editore, Milano, 2016.
  • Sulla Psicologia positiva si veda anche il sito: https://www.stateofmind.it/psicologia-positiva/ ultima consultazione 06/03/2023.
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