Caro Dottore,
le scrivo perchè mi trovo in un momento di difficoltà; a giugno infatti è nata la mia prima bambina e adesso, trascorsi quasi 4 mesi, mi trovo costretta a rientrare a lavoro essendo una libera professionista e non potendo contare su una maternità facoltativa. Devo ammettere che, inizialmente, non avrei mai pensato di incontrare così tanta difficoltà nel lasciare mia figlia per tornare alla mia attività, che per altro io adoro. In modo particolare è per me causa di grande sofferenza l’idea di perdermi dei momenti fondamentali della sua crescita e vita e al tempo stesso mi atterrisce l’idea che quel rapporto unico e specialissimo che lega una madre ad un figlio, nei primi mesi di vita, possa a poco a poco allentarsi e mutare, con sofferenza da parte di entrambi. Oltre a ciò mi trovo costretta a constatare che sempre meno volentieri lascio la bambina con i nonni, anche perchè, purtroppo, ogni volta che mi assento vengo a sapere che la piccola ha forti crisi di pianto, che spesso loro non sono in grado di contenere e questo ovviamente mi arreca anche un enorme senso di colpa. Le chiedo, è normale tutto questo? Sto facendo un errore a tornare a lavoro? Mia figlia potrà risentire della mia assenza in un momento così delicato della sua vita?
Grazie dell’ascolto.
Federica
Cara Federica,
Si è normale sentirsi in colpa! E’ normale quello che senti! Madri non si nasce ma si diventa, come dimostrato dalle ricerche di due neurobiologi C. Kinsley e K. Lambert, che hanno studiato gli effetti della gravidanza e della maternità sul cervello materno in campo animale. I due ricercatori hanno messo a confronto topoline madri che avevano da poco figliato con topoline vergini, si è visto che le prime erano in grado di trovare il cibo nascosto in un labirinto in 3 minuti, mentre le topoline vergini riuscivano a trovarlo solo dopo 7 giorni. E’ evidente la superiorità delle topoline madri pronte ad occuparsi della prole. Che succede nel cervello di una mamma? Dopo il parto si va incontro a grandi cambiamenti, in primo luogo fisici, di identità e di ruolo, le madri devono essere capaci di proteggere il figlio, di anticipare e prevenire i pericoli, provvedere alla cura e all’alimentazione, prestare attenzione allo sviluppo psicologico, sociale e intellettuale della prole. La madre incarna l’archetipo della vita: protegge, si prende cura, rinuncia a se stessa per i propri figli; pare che una madre di oggi dedica a due figli il tempo che mezzo secolo fa veniva spartito per sei bambini. Purtroppo ancora oggi la società è riluttante a considerare positiva per il bambino l’attività professionale della madre, molte mamme non sanno trovare un equilibrio e il lavoro è vissuto come persecutorio. Molte mamme che vogliono continuare a lavorare sono colpevolizzate sia dai partigiani della famiglia tradizionale che dalle aziende per cui lavorano. Molte ancora sono a combattere una dura battaglia con se stesse e con il modello della “mamma perfetta”. Il rientro al lavoro è vissuto da molte donne come un evento drammatico, la separazione fa stare male, provoca ansia e inquietudine, la paura di perdere il controllo sul proprio bambino, lo strazio è così grande che spesso, si ha l’impressione di abbandonarlo. Sfatiamo un po’ di miti: il senso di colpa materno non è un difetto né un’anomalia genetica è una sofferenza tipicamente femminile, che colpisce le madri, accuratamente coltivato dall’educazione, dalla società, dalla scienza e dalla religione.
Non è assolutamente vero che la professione delle madri è dannosa all’equilibrio dei bambini, non c’è nessun legame diretto tra il lavoro della madre e la salute psicologica dei figli. Cara Federica, nella nostra attività terapeutica abbiamo visto che tra i bambini che hanno bisogno di un aiuto psicologico ci sono sia i figli delle madri che hanno un’attività professionale, sia gli altri. Lasciare un bambino di pochi mesi per rientrare al lavoro è sicuramente una sofferenza, sofferenza che può diminuire se siamo sicuri e ci fidiamo delle persone a cui lo lasciamo, le baby-sitter, i nonni, le maestre al nido. Non rinunciare al “lavoro che adori” ma soprattutto non affrontare questo dilemma da sola, fatti aiutare dal tuo compagno, a volte gli uomini concedono generosamente alle donne la libertà di decidere, ma spesso è un modo per evitare le responsabilità.
A questo proposito, l’Istituto Psicoumanitas, ha fatto partire dei gruppi di aiuto rivolti alle mamme con bimbi piccoli che devono affrontare il dilemma che tu stessa stai vivendo.
Il primo incontro si terrà sabato 19 ottobre dalle 10.30 alle 13.00 a Pistoia, Via Nazario Sauro 9.
Per informazioni e iscrizioni: 0573-1941263;
lucanapoli.psicoumanitas@gmail.com