Che cos’è l’ansia?
Ormai si parla di ansia quotidianamente: a scuola, a lavoro, in famiglia, nelle relazioni interpersonali.
Ma che cos’è l’ansia?
Numerosi sono gli studiosi che si sono occupati di individuarla e descriverla, molteplici sono le definizioni utilizzate. Secondo l’American Psichiatric Association (1994) l’ansia può essere descritta come “l’anticipazione apprensiva di un pericolo o di un evento negativo futuro, accompagnata da sentimenti di disforia o da sintomi fisici di tensione. Gli elementi esposti al rischio possono appartenere sia al mondo interno che a quello esterno” (APA, 1994; cit. in Franceschina et al., 2004).
La parola ansia deriva dal latino “angere”, che significa “stringere, soffocare” ed è in genere utilizzata per indicare quello stato di malessere, disagio e tensione che comporta preoccupazione e apprensione, accompagnate da sintomi a livello fisico, come aumento del battito cardiaco, sudorazione, tremori, blocco del respiro.
Nella prassi clinica è una delle condizioni in cui è possibile vedere meglio l’inestricabile rapporto tra mente e corpo: il sintomo fisico, infatti, è presente allo stesso modo, se non talvolta di più, di quello mentale. Proprio per questo motivo è impossibile non includere il corpo nella sua analisi e nel suo trattamento.
Il pensiero di Alexander Lowen..
Secondo Alexander Lowen (1975) l’ansia potrebbe risultare dalla pressione che si genera quando l’energia di un impulso incontra un blocco: l’unico modo di evitare il formarsi dell’ansia è strutturare una difesa verso l’impulso stesso. Nel fare questo però impariamo a bloccare anche le nostre emozioni e bloccando le espressioni emotive blocchiamo i muscoli coinvolti in queste espressioni mediante tensioni croniche inconsce. Queste tensioni possono fossilizzarsi nei diversi distretti corporei, come gola, collo, petto, diaframma e possono ostacolare notevolmente la respirazione, sviluppando una predisposizione all’ansia.
Sempre secondo il pensiero di Lowen, l’origine dell’ansia potrebbe ricondursi al meccanismo di carica e scarica energetica: la conservazione della vita non dipende solamente da un apporto costante di energia, ma anche da un adeguato processo di scarica. Se il livello di scarica risulta inadeguato una delle prime conseguenze potrebbe essere proprio la produzione di ansia.
In linea con queste considerazioni, il nostro approccio umanistico-bioenergetico si propone di affrontare l’ansia, così come ogni altro disturbo o difficoltà, ponendo particolare attenzione al vissuto di quella persona, alle sue emozioni bloccate, mascherate o sequestranti, al suo corpo con le sue tensioni, contratture e rigidità.
Com’è possibile agire sull’ansia?
3 strategie per gestire l’ansia
Vorremmo proporre in questo breve articolo 3 modi che utilizziamo nella nostra pratica clinica per gestire l’ansia, in qualunque modo essa si manifesti:
- Respiro
- Emozioni
- Training Autogeno
Il Respiro
Negli stati ansiosi uno degli aspetti più evidenti è il blocco della respirazione. Bloccando il respiro si blocca la capacità di sentire le proprie emozioni, di aprirsi ad esse e di rendersi disponibile al loro libero fluire.
Per questo motivo, riattivare una respirazione fluida e consapevole può rappresentare già un modo per gestire la preoccupazione, la tensione e il panico che spesso l’ansia comporta. In un primo momento può essere utile invitare la persona a chiudere gli occhi e a concentrarsi sul proprio respiro, sull’aria che entra ad ogni inspirazione e che esce ad ogni espirazione, visualizzando i movimenti del proprio petto e del proprio addome e svuotando la mente da ogni altro pensiero intrusivo o disturbante. Stimolare nell’organismo una respirazione regolare, calma e ritmica aiuta la persona a riprendere contatto col presente e ad approcciarsi alla realtà circostante con rinnovata sicurezza ed armonia.
Emozioni
Molto spesso le persone si trovano a combattere, contrastare, rifiutare con ogni sforzo le proprie emozioni. A volte le emozioni spaventano, non sono conosciute, travolgono. Impariamo quindi a bloccare queste emozioni, bloccando i muscoli coinvolti in tensioni croniche inconsce. È importante rieducare l’individuo nel suo contatto emotivo, alfabetizzarlo emotivamente, portandolo a sentirsi sempre più libero nel riconoscimento, nella gestione e nell’espressione dei suoi stati emotivi. In tal senso, per esempio, a volte può essere una chiave di svolta aiutare la persona a sciogliere il pianto bloccato nella gola.
Si accompagna la persona a lasciarsi andare alle proprie emozioni, ad accoglierle e a viverle senza vergogna, senza paura e senza giudizio.
Training Autogeno
Il Training Autogeno è una tecnica di rilassamento che vanta numerosi effetti benefici nella riduzione dell’ansia (Manzoni et al., 2008). La grande funzione terapeutica rilevabile nel Training Autogeno consiste nella capacità di facilitare la presa di contatto con sé, la conoscenza del proprio corpo e la consapevolezza di ciò che si vive nel qui ed ora, rappresentando quindi, non solo una tecnica di rilassamento ma anche uno strumento di cambiamento psicocorporeo.
Imparare ad ascoltare, sentire e individuare ciò che accade nel nostro corpo diventa di fondamentale importanza per chi soffre di ansia; riconoscere un movimento corporeo, dargli un nome e affiancarlo ad un’emozione permette di tornare ad “abitare” il proprio corpo, a conoscerlo e gestirlo tanto nei momenti di urgenza e crisi quanto in quelli di tranquillità.
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Bibliografia
- American Psychiatric Association. (1996). APA (1994). Diagnostic and statistical manual of mental disorders, 4.
- Franceschina, E., Sanavio, E., & Sica, C. (2004). I disturbi d’ansia. Galeazzi & P. Meazzini, A.
- Lowen, A. (1975), Bioenergetics, New York, Coward, McCarin & Georgen Inc. Trad. It. Bioenergetica, Feltrinelli Editore, Milano.
- Manzoni G. M., et al. (2008). Relaxation training for anxiety: a ten-years systematic review with meta-analysis. BMC Psychiatry, 2008.
- Napoli, L. & Gori, B. (2012) Dare corpo all’anima. Alpes Italia.
Sitografia
- https://www.stateofmind.it/