L’ottimismo è un errore utile?

Copertina che riporta il titolo L’ottimismo è un errore utile?

Tratto dall’articolo di Stefano Palminteri pubblicato sulla rivista MIND _ Le Scienze_ edizione n.223 di Luglio 2023

L’autore parte dall’idea di base che prendere delle decisioni richieda un’analisi razionale e oggettiva della realtà. Le cose, però, non sempre vanno così. Spesso, infatti, incappiamo in due differenti tipi di ragionamenti derivati, in parte, da dei pregiudizi cognitivi. Possiamo selezionare le informazioni che supportano e confermano le nostre convinzioni, scartando quelle in contrasto (pregiudizio di conferma); oppure possiamo selezionare e mantenere solo l’informazione rassicurante e ottimistica senza prendere in considerazione le altre (pregiudizio dell’ottimismo).

L’autore si chiede se possa sussistere una valida ragione in grado di determinare un qualche tipo di vantaggio che giustifichi l’esistenza di questi due bias. Dai suoi studi svolti insieme ai colleghi è emerso che alcuni circuiti neurali sono responsabili di queste deviazioni nel ragionamento. Gli stessi studi consentono anche di comprendere meglio il perché di queste deviazioni e il ruolo svolto nella vita di tutti i giorni (Palminteri, Lefebvre, Kilford e Blakemore, 2017).

Per quanto riguarda il bias dell’ottimismo vediamo che entra in azione quando modifichiamo le nostre convinzioni prendendo in considerazione le sole informazioni positive, trascurando quelle negative. A supporto di questo viene proposto un esperimento effettuato da Tali Sharot e colleghi nel 2011, dai cui risultati emergono due modalità con le quali vengono modificate le proprie convinzioni a seconda delle informazioni ricevute: quando i partecipanti ricevevano informazioni più positive rispetto alle loro convinzioni si mostravano maggiormente propensi a modificare le stesse avvicinandosi all’informazione ottenuta; quando, invece, ricevevano informazioni più spiacevoli rispetto alle proprie convinzioni tendevano a mantenerle tali ignorando l’informazione ricevuta (Sharot, Korn e Dolan, 2011).

Il bias di conferma, invece, riguarda la tendenza ad aggiornare le proprie convinzioni quando le nuove informazioni ricevute confermano le precedenti convinzioni. Tale pregiudizio può assumere varie forme (dal ragionamento logico-matematico al comportamento politico) e secondo Raymond Nickerson (1998) può essere considerato come una specie di bias cognitivo onnipotente. A tal proposito, l’autore, sottolinea che in molte situazioni il pregiudizio di ottimismo e quello di conferma tendono a coesistere e a mescolarsi.

Sebbene bias dell’ottimismo e bias di conferma venivano considerati parte dei processi cognitivi “di alto livello” il Dottor Palminteri con il suo gruppo di ricerca ha proposto un’ipotesi alternativa: che questi pregiudizi cognitivi si basino su processi cognitivi più elementari (Lefebvre, Lebreton, Meyniel, Bourgeois-Gironde e Palminteri, 2017). Per testare la loro ipotesi hanno analizzato l’apprendimento per rinforzo (processo cognitivo che consente di modificare le scelte a seconda dei risultati ottenuti in situazioni simili) (Sutton e Barto, 1998; Palminteri e Lebreton, 2022).

Dagli studi di Peter Dayan e colleghi (2008) è emerso che nell’apprendimento per rinforzo esiste una discrepanza, definita “errore di previsione” che quantifica la sorpresa: positiva quando il risultato è migliore di quanto previsto e negativa quando, invece, il risultato è peggiore del previsto (Canessa, 2011). Calcolato l’errore di previsione viene quantificata la misura in cui il nuovo risultato ottenuto modifica il valore dell’opzione scelta (“tasso di apprendimento”). Partendo da questi presupposti l’autore con la sua équipe ha evidenziato una differente valutazione tra le informazioni positive e quelle negative e questo ha portato a ipotizzare che anche i bias dell’ottimismo e di conferma conducano a un tasso di apprendimento maggiore per gli errori di previsione positivi rispetto a quelli negativi. Per verificare questa ipotesi sono stati effettuati alcuni studi, in particolare in uno studio pubblicato nel 2017 sembrerebbe esserci proprio un tasso di apprendimento asimmetrico di premi e punizioni alla base dei bias di ottimismo e di conferma.

Nello specifico è emerso che il tasso di apprendimento positivo era più elevato di quello negativo: vengono presi maggiormente in considerazione gli errori positivi rispetto a quelli negativi che, invece, tendono ad essere ignorati (Palminteri et al., 2017). Tali risultati vengono confermati anche da altri studi che hanno adottato disegni sperimentali diversificati. Da alcuni di questi studi, effettuati su altre specie (macachi, ratti e topo), emerge che alla base di tali meccanismi sia presente una modifica delle sinapsi al di sotto della corteccia cerebrale, in un importante centro di ricompensa e motivazione, lo striato (Schultz, 2007; Bartra, McGuire e Kable, 2013; Fouragnan, Retzler e Philiastides, 2018). In particolare sono presenti due vie neurali che collegano la corteccia cerebrale allo striato: la “via diretta” responsabile del rinforzo positivo e che sembrerebbe corrispondere al tasso di apprendimento per gli errori di previsione positivi, e la “via indiretta” responsabile del rinforzo negativo e corrispondente al tasso di apprendimento per gli errori di previsione negativi (Lee, Seo e Jung,2012).

L’autore, inoltre, evidenzia che la via diretta viene maggiormente e più intensamente attivata se la persona mostra un forte bias dell’ottimismo (Lefebvre et al., 2017; Palminteri, 2023).

Ciò suggerisce che l’apprendimento tramite ricompensa sia più efficiente di quello tramite punizione. Sembrerebbe, perciò, che il nostro cervello sia maggiormente predisposto a cogliere e trattenere informazioni positive a scapito di quelle negative (Palminteri, Khamassi, Joffily e Coricelli, 2015). Germain Lefebvre e colleghi hanno, inoltre, dimostrato i bias di conferma consento di trascurare alcuni errori di previsione negativi legati al caso e che non forniscono informazioni utili (Lefebvre, Summerfield e Bogacz, 2022).

Non dobbiamo, però, dimenticare che, in alcuni casi, i bias dell’ottimismo possono anche trarci in inganno e che comunque il nostro sistema nervoso è molto efficiente nel registrare informazioni negative e agire di conseguenza.

a cura di Deborah Cenni

 


 

Bibliografia

Bartra O., McGuire J.T., Kable J.W. (2013), The valuation system: a coordinate-based meta-analysis of BOLD fMRI experiments examining neural correlates of subjective value. NeuroImage, 76, 412-427

Canessa N. (2011), Il cervello decisore. Neuroeconomia tra passato e futuro. Scienza e Filosofia, 98-111

Dayan P. (2008), Connections between computational and neurobiological perspectives on decision making. Cognitive, Affective, Behavioral Neuroscience, 8, 429-453

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Lee D., Seo H., Jung M.W. (2012), Neural basis of reinforcement learning and decision making. Annual review of neuroscience, 35, 287-308

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Nickerson R. (1998), Confirmation Bias: A Ubiquitous Phenomenon in Many Guises. Review of General Psychology, 2, 175-220

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Sharot T., Riccardi A.M., Raio C.M., Phelps E.A. (2007), Neural mechanisms mediating optimism bias. Nature, 450, 102-105

Sutton R.S., Barto A.G. (1998), Reinforcement Learning: an Introduction. Cambridge: MIT Press

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