PSICOTERAPIA: COME COMUNICARE?

 

Non si può non comunicare

Il termine comunicazione, in senso ampio e generico, indica l’azione di comunicare, il trasmettere qualcosa ad altro o ad altri. Nelle scienze umane, sociali e del comportamento, può essere definita come un processo di trasferimento dell’informazione contenuta in un segnale, attraverso un mezzo (canale), da un sistema (promotore) a un altro (recettore): in questo senso il segnale è dotato di significato e tale da poter provocare una reazione nel recettore (Treccani).
La comunicazione è una dimensione costitutiva del soggetto, di tipo sociale, cognitivo, culturale e relazionale.
Oltre alla comunicazione verbale, formata dalle parole, dai suoni e dalle narrazioni, è presente la comunicazione non verbale, costituita da gesti, posture, e movimenti. Mentre della prima siamo solitamente più consapevoli, la seconda risulta spesso più automatica e incontrollata.
Entrambi questi livelli di comunicazione risultano estremamente importanti all’interno delle relazioni umane.

 

Paziente e Terapeuta: come si comunica?

Mi piacerebbe portare l’attenzione su una particolare relazione: la relazione tra psicoterapeuta e paziente, all’interno dell’approccio umanistico e bioenergetico.

Quanto è importante la comunicazione nel setting terapeutico?
Cosa può bloccarla?

 

L’aspetto Umanistico..

Thomas Gordon, allievo di Carl Rogers, ha identificato 12 modalità e atteggiamenti che possono ostacolare la comunicazione, diventando dei veri e propri blocchi. Gordon ha definito queste reazioni roadblocks, letteralmente “blocchi stradali, nel senso di blocchi della comunicazione”, perché tendono a mettersi in mezzo alla strada.

  1. Dare ordini, comandi o direttive
  2. Dispensare avvertimenti o minacce
  3. Dare consigli, fornire soluzioni non richieste
  4. Persuadere con la logica
  5. Fare prediche e paternali
  6. Criticare, biasimare, giudicare
  7. Concordare, approvare, lodare
  8. Etichettare, ridicolizzare
  9. Interpretare, analizzare
  10. Rassicurare, consolare
  11. Porre domande insistenti, indagare
  12. Distrarsi, cambiare argomento, fare dell’umorismo

Tutte queste modalità, invece di permettere alla persona di sentirsi ascoltata, compresa e validata nelle sue emozioni, tendono a chiudere la sua disponibilità a parlare, a raccontarsi e a smascherarsi di fronte al terapeuta.

Ci sono diverse abilità che possono rendere la comunicazione terapeutica più efficace. Gordon individua cinque metodologie essenziali:

  • Fare domande aperte, cioè domande che non inducano a risposte brevi, ma che stimolino il paziente all’auto-esplorazione e alla narrazione di sé.
  • Praticare l’ascolto riflessivo, che ha lo scopo di verificare le affermazioni del paziente, farlo continuare a parlare e chiarire i significati delle sue parole.
  • Sostenere e confermare, ovvero offrire alla persona rinforzi positivi e sostegno.
  • Riassumere, che si lega molto alla pratica dell’ascolto riflessivo, in quanto permette al terapeuta di focalizzarsi e sintetizzare i punti chiave del discorso del paziente.
  • Evocare affermazioni nella direzione del cambiamento.

Il terapeuta, infatti, può esser visto non come colui che insegna a crescere, ad amare, a relazionarsi, ma come chi è in grado di rimuovere gli ostacoli che bloccano la strada del paziente, garantendogli la possibilità di auto-realizzarsi pienamente (Yalom, 2002).
Il sostegno offerto è essenziale in questo processo di crescita, non solo attraverso le parole e quindi la comunicazione verbale, ma anche e soprattutto attraverso quella non verbale. Yalom, nel suo lavoro “Il dono della terapia” afferma come i pazienti si ricordino molto più spesso le espressioni di sostegno positive del terapeuta, rispetto alle interpretazioni o agli insights stessi. Inoltre, le opinioni dei pazienti circa i momenti più utili all’interno della terapia, si riferiscono frequentemente ad avvenimenti di tipo relazionale, ovvero gesti, atti terapeutici che hanno trasmesso al paziente la presenza del terapeuta, il suo esserci totalmente.
Questa presenza ha un valore fondamentale nella terapia; è quella possibilità di stare nel “qui e ora” del setting terapeutico, di utilizzare e rendere funzionale il momento presente.
Cosa sta accadendo tra di noi in questo momento, in questo spazio, in questa relazione?
Quali sono le emozioni espresse e quali emozioni invece rimangono nell’ombra?
Questo scambio permette di sfruttare la relazione terapeutica per sentire le emozioni, per comprendere i propri comportamenti, per analizzare il proprio modo di esprimersi e di narrare bisogni e desideri.
Un modo efficace di utilizzare il qui e ora è l’auto-svelamento del terapeuta: esprimere apertamente ciò che sente, comunicare le emozioni che contatta, utilizzare quello che accade in quel momento in quella relazione. L’auto-svelamento del terapeuta consente l’auto-svelamento del paziente, che è “un ingrediente assolutamente essenziale nella psicoterapia” (Yalom, 2002).
La comunicazione in terapia è molto importante anche nel momento della restituzione dei feedback (Yalom, 2002). Il feedback diventa veramente efficace quando deriva da osservazioni sul qui e ora e quando si focalizza su osservazioni e sentimenti generati nell’osservatore, più che su interpretazioni o ipotesi. È necessario fornire i feedback in un modo gentile, che possa essere accettato dal paziente ma che abbia allo stesso tempo la possibilità di essere efficace e di aiutare la persona a diventare testimone del proprio comportamento, imparando a stimare anche l’effetto che ha sulle altre persone.

 

L’aspetto Bioenergetico..

Essendo il nostro approccio umanistico e bioenergetico, nella relazione terapeutica non possiamo non considerare il corpo, sia del paziente che del terapeuta.
Il nostro corpo parla. Parla un linguaggio suo, comunica informazioni, trasmette emozioni e sentimenti.
Non esistono parole più chiare del linguaggio del corpo, una volta che si è imparato a leggerlo” affermava Alexander Lowen. Ed è proprio questo che accade nella stanza di terapia. Il nostro corpo, spesso, comunica molto più delle parole.
“Non abbiamo un corpo” ma “siamo il nostro corpo”. Il nostro corpo è espressione della nostra vitalità, del nostro passato, del nostro presente e della nostra esperienza personale e interpersonale, delle nostre consapevolezze, delle nostre ombre e delle nostre emozioni. Questo vale sia nella lettura del corpo del paziente, per quello che ci può comunicare, per tutte le informazioni che possiamo raccogliere attraverso il suo corpo, la sua postura, la sua espressione. Ma vale anche per il terapeuta: imparare a conoscere i segnali del proprio corpo, monitorare le comodità e le scomodità, sentire che cosa ci comunica e come può indirizzarci nella conduzione della terapia.

 

Bibliografia

Lowen, A. (1998). Bioenergética (Vol. 76). Trad. it: Bioenergetica. Feltrinelli Editore.

Miller, W. R., & Rollnick, S. (2004). Il colloquio motivazionale. Preparare la persona al cambiamento, Erickson.

Treccani, G. (1979). Enciclopedia italiana. SILVA, 216-233.

Yalom, I. D. (2012). Il dono della terapia. Neri Pozza Editore.

 

 

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