Emozioni a fior di pelle, reattività a suoni e immagini, reazioni smisurate: e se foste ipersensibili?
L’alta sensibilità è un ambito emergente, un tema di interesse scientifico caratterizzato da numerosi interrogativi a cui ancora non è stata data una risposta, ed è al centro del dibattito tra chi sostiene che sia effettivamente un tratto della personalità e chi invece la identifica come una “fissazione” da psicologi per vendere riviste e libri di sviluppo personale. La descrizione delle manifestazioni della sensibilità elevata ha anche un’origine scientifica: in etologia gli studiosi hanno evidenziato da tempo la presenza di soggetti particolarmente sensibili agli stimoli ambientali all’interno di varie specie animali, tra cui l’essere umano. Tra le vare teorie che sono state elaborate per descrivere questa sensibilità ambientale in psicologia, la più conosciuta è quella della psicologa statunitense Elaine Aron, la quale utilizza il termine “alta sensibilità” per descrivere una predisposizione contraddistinta da una serie di elementi: una maggiore sensibilità nell’elaborazione delle informazioni sensoriali (sensory-processing sensivity, SPS), la tendenza a essere più facilmente sopraffatti dalle proprie sensazioni, una maggiore consapevolezza dei dettagli dell’ambiente circostante, una maggiore reattività emotiva e un’empatia maggiormente sviluppata. In particolare, Elaine Aron considera la SPS come un tratto distinto di origine neurologica che presenta caratteristiche specifiche, in virtù delle quali un individuo può essere definito “altamente sensibile”.
La sensibilità elevata può essere considerata come un estremo lungo un continuum della sensibilità: una curva di Gauss (curva a campana) al cui centro si trova la maggior parte degli individui, cioè coloro che hanno una sensibilità media; procedendo verso gli estremi della curva il numero di individui decresce progressivamente ed è proprio qua che si collocano i soggetti con una sensibilità minima o massima. La sensibilità elevata si configura, quindi, come un tratto dimensionale della personalità.
Cos’è quindi l’ipersensibilità? È una sensibilità nettamente più elevata della media e si riferisce a persone che a determinati stimoli ambientali rispondono con reazioni emotive molto più vive e intense rispetto agli altri individui. La sensibilità elevata si manifesta sia nel registro sensoriale (sensibilità agli elementi visivi, ai suoni, agli odori, alle sensazioni tattili) sia in quello emozionale (sensibilità alle proprie emozioni e a quelle degli altri). Per comprendere meglio di cosa si tratti è necessario partire dal concetto di stimolo, ovvero un segnale che determina una risposta adattata dell’organismo: sia le sensazioni che le emozioni, in tal senso, possono essere considerate stimoli.
Naturalmente, come per molti tratti della personalità, quando un concetto inizia a guadagnare visibilità il rischio è quello di credere di ritrovarne tutti i segnali in se stessi (cosiddetto “effetto Barnum”); come si fa quindi a capire se è veramente presente una elevata sensibilità? La si può misurare. Elaine Aron, basandosi su interviste con persone altamente sensibili, ha redatto un questionario che elenca le manifestazioni più frequenti dell’alta sensibilità, la Highly Sensitive Person Scale (HSPS). Il questionario è composto da 27 domande con le quali viene valutata la sensibilità del soggetto; il punteggio totale fornisce una misura generale della sensibilità della persona. Tale questionario è stato convalidato scientificamente in diverse lingue con il supporto di oltre 15.000 partecipanti; è presente una buona coerenza tra lo strumento e la struttura multifattoriale, compresi tre dei fattori spesso identificati: una soglia percettiva bassa, la tendenza a essere sopraffatti dagli stimoli e la sensibilità estetica (tendenza ad essere “emozionati” dalle opere d’arte o dalla bellezza in generale).
Per capire la percentuale di individui che potrebbero rientrare tra le persone con “elevata sensibilità” è necessario stabilire dove fissare l’asticella per ciò che rientra nella sensibilità moderata e ciò che invece fa parte dell’alta sensibilità: questo perché la sensibilità varia continuamente nella popolazione. Per fare ciò è necessario capire quale livello di sensibilità metta a disagio un certo individuo facendolo sentire in qualche modo “diverso dagli altri”: alcune persone si commuovono più facilmente di altre, sono turbate da immagini violente quando guardano i notiziari televisivi, trovano fastidiosi gli ambienti rumorosi come il cinema o i ristoranti affollati o ancora sentono che l’ambiente di lavoro è troppo ostile e così via. Prendere in considerazione la differenza di sensibilità tra le varie persone può avere un impatto significativo in termini positivi sulle stesse: ad esempio, all’interno di un’azienda potrebbe avere un impatto significativo sul funzionamento dell’intero gruppo di lavoro. Le persone molto sensibili infatti sono particolarmente destabilizzate dallo stress o da una gestione aggressiva, ma hanno capacità relazionali ed emotive che si rivelano una ricchezza nel momento in cui viene data loro la possibilità di esprimerle in un contesto più favorevole.
Lo stesso discorso vale per la scuola, luogo in cui i bambini / ragazzi più sensibili soffrono molto: su costoro lo stress, la competizione, i giudizi e le punizioni hanno effetti ancora più negativi che sui loro coetanei. Per questo motivo, conoscere i problemi legati all’alta sensibilità consente di rispettare il livello di sensibilità di quei determinati alunni con benefici per l’intera classe. In accordo con questa linea di ricerca la psicologa Francesca Lionetti ed i suoi colleghi dell’università di Chieti-Pescara nel 2018 hanno identificato tre gruppi di persone in base ai punteggi al test HSPS e li hanno associati all’immagine di un fiore: un gruppo con bassa sensibilità (i “denti di leone”), uno con sensibilità media (i “tulipani”) e un gruppo composto da persone altamente sensibili (le “orchidee”) che, secondo gli autori, corrisponderebbe al 30% della popolazione.
Le persone maggiormente sensibili devono imparare a muoversi abilmente tra i vantaggi e gli svantaggi di questo tratto della personalità. Una delle maggiori difficoltà che queste devono affrontare riguarda il fatto che la società tende ad etichettarle come sensibili e fragili e ciò può portarle a dubitare della loro stessa salute mentale. In realtà è necessario effettuare una distinzione tra un possibile disturbo psicologico e l’alta sensibilità in quanto tale; infatti, il grado di sensibilità degli individui varia a seconda del loro stato psicologico, fisico e anche degli eventi che vivono. Per comprendere meglio si può prendere come esempio la presenza di depressione: è vero che la depressione determina maggiore sensibilità alle emozioni negative e maggiore suscettibilità, ma è anche vero che è possibile distinguere un episodio depressivo da un’alta sensibilità legata alla personalità. La depressione infatti riguarda sostanzialmente solo il registro delle emozioni negative poiché colpisce l’umore, è limitata nel tempo e in contrasto con il comportamento abituale della persona; diversamente, l’alta sensibilità si esprime in tutto il registro sensoriale ed emotivo, riguarda la reattività immediata e indica una tendenza abbastanza stabile durante tutta la vita.
Ma se allora l’alta sensibilità non rappresenta un disturbo, come si possono spiegare le difficoltà e le sofferenze vissute e riportate da molte persone ipersensibili? In primo luogo, è necessario assicurarsi che dietro una elevata sensibilità non vi sia un disturbo psicologico (ansia, personalità borderline, disturbi dell’umore e via dicendo); se questo è presente la sofferenza esperita dal soggetto dovrebbe essere attribuita principalmente al disturbo e non ad una elevata sensibilità. E’ inoltre importante non equiparare l’ipersensibilità alle difficoltà emotive: esistono infatti persone molto sensibili con un’alta competenza emotiva, inoltre tutti gli individui soffrono per le proprie emozioni indipendentemente dal loro grado di sensibilità. Statisticamente, tuttavia, la sofferenza psicologica colpisce gli individui ad alta sensibilità più spesso degli altri, poiché li rende più vulnerabili a contesti di vita tossici; da ciò deriva la maggiore probabilità di andare incontro a determinati disturbi psicologici.
Se da una parte l’alta sensibilità comporta delle sfide per chi la vive, dall’altra si accompagna anche a molte risorse. La teoria della suscettibilità differenziale proposta da Jay Belsky e Michael Pluess si basa su una concezione della sensibilità ambientale la quale ipotizza che un’elevata sensibilità sia svantaggiosa in un ambiente tossico, in particolare nell’infanzia, ma possa diventare un punto di forza in un contesto di vita più favorevole. E’ proprio per questo motivo che per riferirsi alle persone con elevata sensibilità viene utilizzata la metafora dell’orchidea: essa è una pianta delicata ed esigente, che richiede una certa quantità di luce e un giusto grado di umidità. Quando tali condizioni sono soddisfatte, la pianta produce una fioritura molto bella. Analogamente, un’alta sensibilità nelle giuste condizioni può nutrire un terreno fertile di risorse personali (sia in campo relazionale che artistico) e rappresentare un supporto per lo sviluppo di competenze professionali apprezzate.
I benefici della sensibilità si possono osservare in diversi ambiti: relazionale, artistico o professionale. Uno studio condotto nel 2018 da David Bridges e Haline Schendan, ad esempio, ha evidenziato che la sensibilità è in parte correlata alla creatività: gli autori hanno sottoposto ad un campione di 288 persone vari test di sensibilità, personalità e creatività e hanno scoperto che gli individui più creativi ottenevano punteggi più alti in una dimensione della personalità chiamata “apertura”. Oltre a ciò, gli stessi individui erano anche più sensibili e presentavano punteggi elevati in una dimensione chiamata sensibilità orientativa, dimensione che si riferisce alla percezione e consapevolezza dei dettagli e alla capacità di mettere in relazione concetti distanti. Anche nel mondo professionale poi la sensibilità può rappresentare un vantaggio, in quanto consente ai soggetti interessati di rilevare stimoli impliciti sia nel dominio sensoriale che in quello emotivo e, conseguentemente, di riuscire a vedere oltre le apparenze e identificare rapidamente un pericolo o un problema.
La capacità di reagire rapidamente ai segnali più deboli, che caratterizza le persone altamente sensibili, offre quindi in molti casi dei vantaggi: se il vostro superiore, durante un colloquio, dice con un sorriso impostato di apprezzare il vostro lavoro, ma voi percepite un disaccordo tra gli elementi verbali e non verbali del suo discorso, starete attenti a tutelarvi. L’elevata sensibilità avrebbe dunque un carattere adattivo, ciò però non vuol dire che sia una caratteristica facile da gestire: molte reazioni fisiologiche o comportamentali (stress o ansia), se da un lato fungono da veri e propri salva-vita, dall’altro possono essere spiacevoli da sperimentare. La vera sfida quindi potrebbe essere quella di imparare a convivere con questa caratteristica riuscendo a sfruttare i vantaggi che conferisce e, contemporaneamente, acquisire tecniche efficaci che consentano di eliminarne gli effetti più penalizzanti.
Alcune persone molto sensibili soffrono per i più svariati motivi, altre invece sfruttano spontaneamente la loro elevata sensibilità, utilizzandola come una risorsa in molti ambiti della propria vita. Quando un’alta sensibilità è accettata e vissuta senza problemi non è necessario rivolgersi a uno specialista; diversamente, se essa causa sofferenza e disagio, è indicato un supporto; infine, se questa caratteristica si unisce a un disturbo psicologico è necessaria una terapia. Com’è possibile, quindi, trasformare questa maggiore sensibilità in una risorsa? In primo luogo, tramite l’accettazione: non si possono modificare tutti gli elementi che compongono la personalità, si può però imparare a regolare meglio le proprie emozioni, a conviverci nel miglior modo possibile, accettarle come parti di se stessi e trarne vantaggio. Le persone altamente sensibili non si limitano a sperimentare emozioni negative, vivono anche le emozioni positive con grande trasporto e questo rappresenta un privilegio, poiché possono essere molto sensibili ai piccoli piaceri della vita quotidiana, come osservare le sfumature di un bel tramonto o cose simili. Gli individui molto sensibili sono anche più creativi e più reattivi di fronte all’arte e alla bellezza.
Un altro aspetto che caratterizza gli individui con elevata sensibilità è l’incapacità di contenere le reazioni sensoriali ed emotive; per non farsi travolgere regolarmente dalle proprie emozioni è prioritario ristabilire un senso di sicurezza interiore, e tra i vari strumenti che possono essere utilizzati troviamo esercizi di respirazione e rilassamento, di meditazione e il ricorso a stati modificati di coscienza (ipnosi). Più questi esercizi sono semplici, più possono essere riprodotti al di fuori di un contesto terapeutico, rendendo così il soggetto più autonomo. Per esempio, padroneggiare le tecniche di rilassamento e di respirazione aiuta ad evitare che l’emozione vada fuori controllo, attivando il sistema parasimpatico che rallenta la frequenza cardiaca ed evita il rilascio di ormoni dello stress, come il cortisolo. Più la persona riesce a praticare tali esercizi, più acquisisce fiducia nella propria capacità di superare la fase critica e, di conseguenza, le forti reazioni emotive non sfoceranno più nel desiderio di fuga e verranno evitati ulteriori episodi di perdita di controllo emotivo. In questo modo l’individuo svilupperà un senso di autoefficacia che cambierà il modo in cui questo valuta le proprie capacità e il mondo che lo circonda: la fiducia in sé stessi, infatti, consente di affrontare con efficacia crescenti le situazioni che mettono alla prova la sensibilità. Tra i vari approcci terapeutici, particolarmente interessanti sono quelli basati sull’accettazione dell’esperienza, sul lavoro delle emozioni e sull’amore incondizionato verso sé stessi. Queste terapie consentono agli individui con elevata sensibilità di controllare questo aspetto della loro personalità con dolcezza e tra queste rientrano: la terapia di accettazione e impegno, la mindfulness e la terapia umanistica.
Un altro aspetto da tenere in considerazione per sfruttare al meglio le emozioni quando sono particolarmente forti e difficili da gestire è quello di considerare il loro ruolo essenziale: cioè quello di trasmettere un messaggio utile per decodificare noi stessi, gli altri o la situazione che si sta vivendo. Le emozioni facilitano il processo decisionale e aiutano a reagire in determinati contesti; inoltre, più sono intense e più ci mobilitano. Molto spesso gli individui con una sensibilità elevata paragonano la loro vita emotiva alle montagne russe con tutti i loro alti e bassi: gli alti corrispondono alle emozioni piacevoli e sono, generalmente, ben accolti, i bassi sono più difficili da tollerare e da superare, in quanto producono un’angoscia profonda in chi le vive.
Per far fronte a questo ascensore emotivo sarà necessario possedere buone capacità emotive, ovvero “la capacità di una persona di vivere con le sue emozioni e quelle degli altri”, come afferma la psicologa Moira Mikolajczak: tali capacità si suddividono in cinque competenze diverse che, se esercitate regolarmente, consentiranno alle persone di usare le loro emozioni come una chiave per decodificare se stesse e gli altri, ottenendo molti vantaggi in diversi ambiti (sociale, familiare, lavorativo). Tali competenze emotive sono: accogliere e identificare le emozioni, capirle, esprimerle, regolarle e saperle utilizzare con intelligenza.
- Accogliere e identificare le emozioni: la prima cosa da fare è essere in grado di rilevare e identificare le proprie emozioni, per farlo possono essere applicate varie tecniche che consentono di identificare un’emozione in fase iniziale (prima che diventi troppo intensa) tramite i segnali fisici e i pensieri. Un esempio è la tecnica del “meteo interiore”: la persona si ferma per tre minuti, in diversi momenti della giornata (idealmente tre volte) per rilevare prima lo stato di tensione fisica (o di rilassamento) del corpo, e per poi far emergere le emozioni associate. In questo modo il soggetto diviene gradualmente più attento ai segnali meno evidenti delle proprie emozioni e adatta il suo comportamento in modo conseguente. Una volta identificata l’emozione, è necessario accettarla così com’è, senza cercare di allontanarla.
- Comprendere le emozioni: il secondo passo consiste nel decifrare e interpretare il messaggio insito nelle emozioni, ovvero collegare l’emozione e la sua intensità alla situazione scatenante e identificare i bisogni sottostanti.
- Esprimere le emozioni: questa fase consiste nell’imparare a esprimere le emozioni in modo intelligente, e cioè verbalizzando l’esperienza vissuta, in primo luogo per se stessi, per poterla poi condividere con gli altri, così da poter essere ascoltati.
- Regolare le emozioni: imparare a gestire l’intenso flusso emotivo presente in un determinato momento.
- Sapere utilizzare con intelligenza le emozioni: non è necessario aiutare gli individui con alta sensibilità in modo specifico a sviluppare tale abilità, con il tempo la sensibilità elevata diventerà una risorsa in ambito lavorativo, relazionale e decisionale e ciò sarà evidente.
Al di là dei vari approcci terapeutici, cruciale per le persone altamente sensibili è conoscere sé stesse, ovvero, conoscere precisamente le proprie esigenze, i propri limiti e rendersi conto che, mentre alcune situazioni meritano di essere affrontate, altre possono essere evitate. Molto spesso, infatti, alcune persone molto sensibili non conoscendo a fondo se stesse si impongono attività che superano la loro soglia di tolleranza (spesso per conformismo o paura del giudizio altrui) e, così facendo, agiscono con violenza nei propri confronti. È importante quindi riuscire a identificare tutte quelle situazioni che la persona si impone di affrontare avendo sempre ben presente la necessità del rispetto di sé. Con l’allenamento, la sensibilità elevata non solo può diventare una realtà con cui tutti possono convivere, ma può essere addirittura trasformata in un punto di forza.