Ormai da molte settimana stiamo riflettendo insieme, anche grazie a voi e ai vostri vissuti, circa gli effetti psicologici che questa emergenza sanitaria ha lasciato e continua a lasciare…
Ma facciamo un passo indietro. Spesso abbiamo sentito parlare di personalità introversa ed estroversa per distinguere due diversi modi di rapportarsi al mondo esterno. Carl Gustav Jung afferma che queste strutture di personalità non riguardano strettamente una valutazione della persona ma si riferiscono piuttosto al modo in cui essa stessa tende a rapportarsi agli altri e all’ambiente circostante.
Secondo Jung: “Ci sono, anzitutto, due tipi di psicologia umana. La funzione principale dell’uno è il “sentire”, quella dell’altro il “pensare”. L’uno si immedesima nell’oggetto, l’altro vi pensa sopra. L’uno si adatta all’ambiente secondo l’emozione e solo successivamente riflette, l’altro si adatta tramite una preliminare comprensione secondo il pensiero”
Nel primo caso, quando la persona è mossa dal sentire, si rivolge all’ambiente esterno orientata verso l’oggetto ed il contatto con esso, attratta da fattori esterni al sé. Il tipo estroverso è quindi proiettato verso i fatti, le persone e tutto ciò che è “fuori”.
Il tipo introverso invece si rivolge alla realtà esterna attraverso il pensiero e la comprensione e, riflettendo profondamente sui propri vissuti e pensieri, distoglie lo sguardo dall’oggetto portandolo internamente.
Indubbiamente queste due tipologie di persone si sono adattate in modo diverso a questo forzato distanziamento sociale.
Prova a chiederti in quale delle due posizioni ti senti più comodo o quale è emersa con più forza in questo periodo..
Ci sono persone che si sono sentite fortemente limitate dalle costrizioni che questa emergenza ci ha imposto e che hanno fatto esperienza di emozioni diversificate e molteplici quali la paura, la solitudine, il terrore, la rabbia, l’angoscia e la tristezza ma anche sensazioni di ansia e umore deflesso. Hanno così cercato di gestire le proprie emozioni ritrovando quei contatti persi e trascurati o amplificando la portata di quelli già presenti. Riempiendo il tempo dilatato di videochiamate, aperitivi virtuali, sessioni di allenamento condiviso, le persone soprattutto più estroverse e sociali, hanno cercato di scappare dall’incontro con se stessi e da quelle emozioni così difficile da accogliere, in un momento in cui il sentimento di precarietà e instabilità è già di per sé complicato da gestire.
Allora si finisce con il riempirsi di cose, persone, contatti, spesso non riuscendo neppure a sentire la mancanza di qualcuno o qualcosa, né a sostare nella privazione. Le tecnologie hanno permesso di far entrare persone nelle proprie case, nella propria intimità; virtualmente si sono aperte le porte a colleghi, vicini, datori di lavoro e conoscenti oltre che a quelle persone vicine che già facevano parte delle proprie vite. E’ sopraggiunto il totale disorientamento generato dalla sovraesposizione a stimoli, a persone, a situazioni.
Questo sovraccarico ha prosciugato energie e ha fatto sì che pezzi di noi andassero persi.
In altri casi invece le persone si sono trovate comode nelle loro case, hanno faticato a cercare negli altri dei contatti per trascorrere meglio questo lungo tempo ed hanno preferito ritirarsi. La riflessione su sé e sulle cose è stata molta, spesso magari si è associata a rimuginazione che ha favorito e rinforzato l’isolamento.
Come abbiamo visto, ognuno, attingendo alle proprie risorse, sta gestendo le limitazioni che questa emergenza ci porta a sperimentare a seconda del suo modo di vivere nel mondo.
Oggi che queste limitazioni a poco poco stanno riducendosi le persone si trovano a dover sostenere un’altra fase ancora. Le persone, soprattutto le più introverse, dopo aver trascorso tanti mesi costrette a rimanere nelle proprie case, potranno sentirsi impreparate ad uscire dal loro ambiente sicuro, faticando a lasciare ciò che conoscono come familiare e protettivo.
Si assiste quindi a quel fenomeno che prende il nome di “Sindrome della Capanna”, una serie di reazioni e vissuti psicologici che possono svilupparsi in seguito ad un periodo di isolamento e distanziamento dagli altri.
Un po’ come nel corso della storia le grotte rappresentavano un rifugio per i primitivi in cui potersi riposare, proteggersi e difendere da minacce esterne, come se fosse il grembo di madre terra e simbolicamente anche quello della propria madre, così le nostre case oggi sono diventate quelle caverne: luoghi protetti, tranquilli e incontaminati.
Uscire fa paura, il mondo esterno ci appare minaccioso e ci fa sentire precari, piccoli e impotenti. Tornare a svolgere semplici attività diventa complicato e faticoso e si preferisce rimandare gli impegni presi, le commissioni da fare ma anche gli incontri piacevoli che un tempo spezzavano i ritmi frenetici delle nostre giornate, allietandole.
Allora cerchiamo di muoverci ognuno con i propri tempi.. per adesso pensando di “allargare” il nostro posto sicuro ed estenderlo dalla nostra casa fino per esempio alle case delle persone più vicine a noi, i nostri familiari, parenti o amici. Luoghi che ci permettano di sentirci altrettanto sicuri e protetti da pericoli esterni, ma che interrompendo quella chiusura e isolamento, riescano a farci sentire la ripartenza.
Dove troviamo le strategie per farlo?
Può essere utile attingere ad entrambi i modi di vivere nel mondo che abbiamo descritto precedentemente. Ognuno di essi, in parte, ci darà risorse adeguate per fronteggiare le difficoltà.
Poter accedere alla parte più socievole del tipo estroverso ci indicherà la direzione per orientarci verso l’esterno sentendo il piacere di stare con l’altro; allo stesso modo però potersi concedere uno spazio interiore, per accedere alla propria intimità, ci permetterà di volgere uno sguardo “dentro” ascoltando e legittimando quelle emozioni più profonde e segrete.
Bibliografia
Jung, C. G. (1969). Tipi psicologici (1921). Opere, Boringhieri, Torino, 6, 463.
Lo Iacono, A. (2003). Psicologia della solitudine. Editori Riuniti. Roma
Muller, W. (2006). Soli, ma non in solitudine. San Paolo Edizioni
Napoli, L. (2015). Traditi dal cuore: quando l’amore diventa dipendenza affettiva. Alpes. Roma
Sitografia
https://www.lafenicepsicologia.it/introverso-estroverso-tipi-jung/
https://lamenteemeravigliosa.it/sindrome-della-capanna-paura-di-uscire-dalla-quarantena/