Informati quanto basta
Qualche settimana fa abbiamo affrontato con voi, in uno dei nostri articoli, cinque strategie per gestire le emozioni spiacevoli che in questo periodo di emergenza sanitaria ci troviamo a dover fronteggiare (per rivederlo : https://www.lucanapoli.com/i-giorni-non-passano-mai-5-strategie-per-combattere-le-emozioni-spiacevoli/2020/03/).
Non era mai capitato a nessuno di noi di trascorrere una Pasqua lontana dai propri affetti, in silenzio nelle proprie case, senza la possibilità di condividere le tradizioni che più ci emozionano, come il semplice gesto di scartare le uova di cioccolato.
Così come non ci eravamo mai trovati a dover passare il lunedì di Pasquetta senza pranzi e cene in compagnia degli amici, ma solo con il silenzio assordante di strade e campi, così deserti e vuoti della gioia contagiosa dei bambini.
Tutti siamo in attesa dei bollettini delle 18, delle nuove direttive e dei notiziari serali nella speranza di ascoltare informazioni positive circa il calo dei contagi e dei decessi; tutto questo limita fortemente la percezione di padronanza verso le cose che accadono esternamente e ci porta a sperimentare sensazioni di impotenza e paura.
Conoscere la paura
La paura è un’emozione funzionale perché ci permette di reagire e sviluppare strategie adattive per affrontare situazioni di difficoltà e stress; è una risposta emotiva (psicologica e fisiologica) ad una reale minaccia percepita o al pericolo associato, che termina in una reazione di fuga o combattimento (APA, 2013).
La paura è una delle emozioni fondamentali degli esseri viventi perché prepara ad affrontare gli ostacoli e permette la sopravvivenza; tuttavia, quando arriva a sequestrare la persona, diventa invalidante, ostacolandola nella possibilità di realizzarsi pienamente.
Se l’intensità di questa emozione quindi diventa troppo elevata, rischia di non essere più una condizione protettiva e utile.
Proprio per questo è importante rimanere aggiornati rispetto a ciò che sta accadendo e alle misure da adottare per proteggere se stessi e gli altri, limitando il tempo dedicato all’ascolto dei notiziari, che possono aumentare eccessivamente le nostre preoccupazioni e rendere disfunzionali pensieri e comportamenti.
Ma cosa accade al nostro corpo quando sentiamo paura?
A livello fisiologico,il sangue fluisce verso i muscoli scheletrici, ad esempio quelli delle gambe, rendendo più facile la fuga e facendo impallidire il volto. Allo stesso tempo il corpo si immobilizza, come congelato, anche solo per un momento e i circuiti dei centri celebrali che si occupano della regolazione emotiva scatenano un flusso di ormoni che mette l’organismo in uno stato generale di allerta, preparandolo all’azione per valutare la strategia di risposta migliore.
Essere sequestrati dalla paura
Quando invece la reazione di allarme non è più adattiva e si entra nella spirale della paura, possono avvenire meccanismi sequestranti e invalidanti: smettiamo di pensare, ci facciamo trasportare dai sentimenti e, passata la fase critica, non ricordiamo molto bene cosa abbiamo fatto o perché.
Questo è quello che Rossella Sonnino (2006) definisce “sequestro emotivo” ovvero una limitazione di consapevolezza che può intrappolare una persona in spirali di emozioni e interazioni negative.
Quando avviene un sequestro emotivo è importante che vi sia la presa di coscienza dei propri funzionamenti attraverso la regolazione e l’approfondimento delle proprie emozioni. Tutta questa riflessione ha bisogno di un allenamento continuo a riconoscere le emozioni principali che accompagnano questi cliché, dando loro un nome e associandovi le sensazioni psicofisiche.
Alfabetizzazione emozionale
Una volta entrati in contatto con l’emozione dominante e prevalente possiamo esplorarla nelle sfumature che la caratterizzano; scopriremo che, percependo che esistono tante, diverse modalità di risposta emotiva alle vicende della vita, potremo imparare ad utilizzare di volta in volta quelle più funzionali, uscendo dall’invischiamento del proprio vecchio cliché (Napoli, 2010). Questo processo, che prende il nome di Alfabetizzazione Emozionale, passa quindi attraverso tre momenti: la riflessione critica sull’importanza e l’origine dell’emozione, il dare un nome a tale vissuto e la collocazione nel corpo della sensazione stessa.
Come tutte le emozioni anche la paura assume forme diverse in tutti noi.
Chiamiamo con lo stesso nome qualcosa che è così intimo, personale, specifico: ciò che fa paura a me, potrebbe essere innocuo per un altro e viceversa.
Per questo motivo, per ognuno di noi, è importante conoscere quella paura, poterla guardare in faccia come una vecchia amica e non come un’estranea; solo così è davvero possibile trovare le strategie adatte per affrontarla e gestirla, per darle un contenitore in cui esprimersi, impedendole di sequestrarci e dominarci senza controllo.
In questi giorni in cui la paura spesso viene a bussare alle nostre porte, provate a chiedervi:
“CHE COSA MI FA VERAMENTE PAURA?”
Nei prossimi giorni parleremo proprio di questo, cercando di darvi degli stimoli per contattare la vostra paura attraverso nuovi canali sensoriali al fine di trasformare la vostra nemica “Paura” in una risorsa amica.
Studio Napoli
Bibliografia
Goleman, D. (2011). Intelligenza emotiva. Bur.
Iacono, A. L., & Sonnino, R. (2008). Respirando le emozioni. Psicofisiologia del benessere. Armando Editore.
Napoli L. (2015), Traditi dal cuore: quando l’amore diventa dipendenza affettiva. Alpes, Roma.
Napoli, L. (2010). I sogni come opportunità di cambiamento. Salani Editore